Quelli della Duomo
Nel Palazzo di Giustizia di Palermo, a fine gennaio del 2005, subito dopo il blitz che porta in carcere Nicola Mandalà e i suoi bravi ragazzi di Villabate, quello che accade 46 chilometri più a sud nel microcosmo di Corleone, torna ad essere importante. I pm Michele Pristipino e Marzia Sabella, si riuniscono nell’ufficio del procuratore aggiunto Giuseppe Pignatone e incontrano Renato Cortese, l’investigatore dalla folta barba scura che insegue Binu il ragioniere dal 1998 e che da un paio d’anni è diventato un funzionario dello Sco (Servizio centrale operativo) della polizia.

Occhiali neri per coprire i segni in volto dovuti alle notti insonni trascorse a parlare con le fonti, a riveder filmati e a riascoltare intercettazioni, Cortese ha la percezione che ormai è arrivato il momento. Di latitanti, quando ancora era solo un commissario della mobile, ne ha catturati molti. Giovanni Brusca, Benedetto Spera, Pietro Aglieri, li ha presi tutti lui, con i suoi uomini. In Sicilia dicono che Cortese per i ricercati abbia come un fiuto, una sensibilità speciale. O forse, più semplicemente, ha capito che un buon cacciatore deve ragionare come le sue prede.
Per questo adesso Cortese sa di avere di fronte a sé un’occasione irripetibile. L’occasione per cui avevano lavorato da sempre, da quando avevano si erano resi conto che inseguire i pizzini e i postini dello zio era perfettamente inutile perché le lettere a lui destinate ogni volta si perdevano in centri di smistamento frequentati da centinaia di persone: uffici aperti al pubblico, autoparcheggi per camion, studi di commercialisti e di avvocati. Luoghi dove la gente entrava e usciva di continuo e dove chiunque avrebbe potuto essere il prossimo corriere.

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