Sono 17 gli indagati tra i massimi ex dirigenti di Cariferrara, uno dei quattro istituti – insieme a Banca Etruria, Banca Marche e Carichieti – oggetto del decreto “salva banche” varato nel novembre 2015 dal governo. La procura di Ferrara ha inviato ai manager altrettanti avvisi di garanzia per bancarotta fraudolenta patrimoniale, false comunicazioni sociali alla vigilanza, falsi in prospetto e aggiotaggio. Nel mirino dei magistrati c’è l’aumento di capitale da 150 milioni deciso nel 2011: secondo i pm la ricapitalizzazione fu inutile e venne decisa pur sapendo che non avrebbe risollevato le sorti della Cassa di risparmio. Il risultato è stato che i piccoli risparmiatori che hanno acquistato le azioni in sede di aumento hanno poi perso tutto, visto che il decreto dello scorso anno ha azzerato il valore dei titoli.
Tra gli indagati, riporta La Nuova Ferrara, compaiono l’ex direttore generale Daniele Forin e l’ex presidente Sergio Lenzi. Quindi, il responsabile direzione bilancio Davide Filippini, e i consiglieri di amministrazione e sindaci Ennio Manuzzi, Giuseppe Vancini, Simonetta Talmelli, Massimo Marchetti, Paolo Govoni, Riccardo Fava, Antonio Bondesani, Mario Guidi, Teodorico Nanni, Marco Berti, Stefano Leardini, Andrea Malfaccini, Marco Massellani e il dirigente della società di revisione Deloitte & Touche Michele Masini.
L’accusa di bancarotta fraudolenta è l’ultimo filone di inchiesta aperto sul caso dell’istituto ferrarese e punta a individuare, come recita la legge fallimentare, chi “ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto e dissipato in tutto o in parte i beni, oppure allo scopo di recare pregiudizio ai creditori ha esposto o riconosciuto passività inesistenti”. Nella dichiarazione di insolvenza dell’istituto si stima un buco da 433 milioni di euro.
Oltre alla bancarotta fraudolenta, i pm Barbara Cavallo e Stefano Longhi indagano anche per i falsi nei prospetti forniti alla clientela e per il falso in comunicazioni alla vigilanza, cioè a Bankitalia: l’accusa, sottolinea la Nuova Ferrara, mette in discussione la strategia difensiva degli ex dirigenti, secondo cui Via Nazionale era al corrente dei problemi dell’istituto. Infine, sugli ex manager grava l’accusa di aggiotaggio, cioè la diffusione di informazioni false al fine di alterare le operazioni sui mercati.
L’inchiesta si va a sommare all’altra azione giudiziaria attivata dai commissari con l’azione di responsabilità: la richiesta che i 31 ex amministratori e vertici di Carife che si sono susseguiti dal 2006 al 2013, quando venne commissariata, restituiscano 100 milioni. Il danno complessivo, secondo i commissari, è ammontato a 309 milioni.