Ops, s’infiamma la partita per il controllo del Corsera. In vista della scadenza di venerdì 15, la sfida fra Urbano Cairo e Andrea Bonomi per conquistare Rcs si trasforma in un botta e risposta mediatico che tira in ballo anche la Consob. E mette in subbuglio il salotto buono della finanza milanese. L’editore di La7 ha chiesto all’autorità di vigilanza di valutare “la conformità” dei messaggi promozionali dell’Opa promossa dalla cordata International Media Holding (Imh) di Bonomi e alleati, cioè Mediobanca, UnipolSai, Pirelli e Della Valle. Secondo Cairo i messaggi di Imh danno “una rappresentazione ingannevole del corrispettivo promosso da Cairo”. Ai prezzi del 12 luglio, spiega il comunicato, l’offerta di Cairo Communication, in azioni e contanti, valorizza infatti ogni titolo Rcs 1,06 euro contro un euro messo sul piatto da Bonomi.
Per il finanziere milanese però le cose non sono così lineari: nelle paginate di pubblicità per promuovere la sua offerta, Bonomi insiste infatti sulla certezza dei contanti rispetto all’operazione di Cairo in cash e titoli. Ma soprattutto spiega che, in caso di adesione al 100%, l’indebitamento finanziario del gruppo Cairo Communication peggiorerà di 130 milioni. Immediata la risposta dell’editore piemontese: “È incredibile che una persona che è in tutte quelle aziende dica una cosa del genere. Se lo pensa sono preoccupatissimo per i suoi sottoscrittori, altrimenti recita“. Per il presidente del Torino il calcolo è “sbagliato e contrario al principio della partita doppia” perché “a fronte dell’uscita di cassa, la società acquisisce tra le proprie attività un pari valore di azioni Rcs MediaGroup”. Inoltre Bonomi “fa un esempio impossibile, ossia che aderisca il 100% del capitale alla mia Opas con un conseguente esborso cash di 130 milioni, ma il 22,6% che già ha la sua cordata non può aderire alla mia offerta”.
Eppure la visione di Bonomi sulla questione debiti è condivisa dal consiglio di amministrazione di Rcs. “Un cda che di debito ne ha fin troppo” ha ricordato Cairo riferendosi alla disastrata situazione finanziaria della casa editrice. E del resto: “E’ stato – forse – Cairo a creare questa situazione economica?” si chiede retoricamente il presidente della Fondazione Cariplo (socio di Intesa, ndr) e dell’Acri, Giuseppe Guzzetti, che spera “venga garantita la tradizione del Corriere della Sera (..), di libertà, di pluralismo e di indipendenza”.
Nella battaglia per la conquista del Corsera, Bonomi e soci si sono dunque macchiati di pubblicità ingannevole? L’ultima parola spetta alla Consob che con il commissario Carmine Di Noia spiega: “Ci sono opinioni divergenti. Di solito ha ragione uno solo”. L’unica certezza per ora è che la tensione è alle stelle, come testimonia anche la decisione di International Media Holding di domandare “trasparenza” sui dati di adesione all’offerta di Cairo. In serata, Borsa Italiana ha diffuso un comunicato in base al quale l’ops ha raggiunto l’11,29%, comprese le azioni conferite da Intesa che aveva il 4,17%, mentre Imh ha raccolto il 3,93% dei titoli oggetto di offerta arrivando così al 27,8% circa del capitale visto che la cordata deteneva già il 24,7%.
“Finalmente” Rcs “viene presa in considerazione per il valore che ha, non soltanto economico”, ha subito commentato Gian Maria Gros-Pietro, presidente di Intesa Sanpaolo, banca finanziatrice di Cairo. “Fino a pochi mesi fa sembrava che non interessasse a nessuno”, ha aggiunto. E invece per evitare che il Corsera finisca nelle mani di Cairo, il salotto buono della finanza milanese si è ricompattato. Forse anche perché intravede la possibilità di rimettere i conti a posto per poi rivendere riducendo le perdite subite dagli attuali soci. Sull’intera faccenda Rcs, “mi auguro non ci siano strascichi legali. Spero ci sia un regolatore che sappia dare risposte senza rischio di smentite e ricorsi”, ha auspicato Cairo. Ma il rischio che dalla presunta pubblicità ingannevole si passi alle carte bollate sembra invece sempre più concreto.