Appena approdato in Aula alla Camera, il disegno di legge sul contrasto alla povertà è già al centro delle polemiche. “Il ddl per la lotta alla povertà faceva sperare – ha spiegato Tito Boeri, presidente Inps – ma una volta entrato in Parlamento ha perso diversi pezzi: è rimasto poco, ora è più difficile fare una rete di protezione”. Il provvedimento ha anche aperto un nuovo fronte di scontro tra Pd e Movimento 5 Stelle. Da una parte, i dem vogliono chiamare “reddito minimo di inclusione” la misura contro l’indigenza prevista dal disegno di legge. Di tutta risposta, i grillini accusano i democratici di riciclare la social card usando un nome che da sempre è un proprio cavallo di battaglia.
La delusione di Boeri sta nel fatto che, nella sua formulazione originale, il ddl “dava risposte su come finanziare la misure ma ha perso pezzi”. A margine di un convegno sul disagio sociale organizzato da Fs, il presidente dell’Inps ha anche sottolineato che in Italia “non c’è una rete di protezione per i poveri, bisogna fare delle scelte, se aiutare i più poveri o continuare a sostenere i più rappresentati”. Boeri ha anche ricordato che “la crisi ha lasciato un’eredità pesante colpendo soprattutto il 20% di famiglie con il reddito più basso. Le famiglie a rischio sono quindi aumentate di un terzo, soprattutto quelle composte da persone sotto i 65 anni, per i quali non c’è una rete protettiva”.
Alla bocciatura del presidente Inps, si aggiunge poi la polemica tra Pd e M5s. I democratici hanno presentato un emendamento per chiamare “reddito minimo di inclusione” la misura nazionale di contrasto alla povertà, che finora, nella sua forma sperimentale, ha sempre avuto il nome di “sostegno di inclusione attiva“. “Il Partito Democratico – ha spiegato la relatrice Ileana Piazzoni – non solo non è contrario al reddito minimo, ma è prossimo ad approvare un disegno di legge presentato dal Governo finalizzato ad introdurre in Italia la prima misura strutturale di contrasto alla povertà, ovvero di reddito minimo”.
Non si è fatta attendere la replica del Movimento 5 Stelle. “Riciclate la social card del 2012 e la chiamate reddito minimo di inclusione? – ha commentato la deputata Giulia Di Vita – Ma ci credete fessi @Deputatipd?”. Il M5s è tornato sulla questione con una nota dei capigruppo di Camera e Senato: “Da un lato osserviamo una costante disinformazione messa in pratica dal Pd rispetto al reddito di cittadinanza, dall’altro un maldestro tentativo di copiare il Movimento 5 Stelle su quello che è un tema importante come la lotta alla povertà. Un provvedimento serio prevede investimenti seri, esattamente quello che il governo non fa”.
Il disegno di legge prevede che il piano nazionale per la lotta all’indigenza ed all’esclusione sociale sia rivolto, con una graduale estensione dei beneficiari e con un graduale incremento dei benefici, a determinati soggetti. Secondo Caritas, il report del ministero del Lavoro sul Sostegno di inclusione attiva, nella sua sperimentazione, non ha chiarito quanto gli enti locali siano riusciti a creare progetti personalizzati, che dovrebbero rappresentare il fulcro della misura ideata dal governo. Inoltre, la stessa Alleanza contro la povertà ha già spiegato che non bastano gli 1,5 miliardi di euro annui stanziati dall’esecutivo, ma servono 7 miliardi.