Un’indagine di Eurobarometro mostra che gli italiani sanno poco dell’efficacia e degli effetti degli antibiotici. E perciò li usano in modo inappropriato. La scarsa alfabetizzazione sanitaria dipende anche dal fatto che sui farmaci ci fidiamo solo dei medici. Che dunque hanno un ruolo cruciale.
Domande a cui non sappiamo rispondere
Dopo gli scandali che hanno travolto i risparmiatori italiani negli ultimi anni, si fa un gran parlare, e a ragione, di “alfabetizzazione finanziaria” (financial literacy, per dirla all’inglese). Forse bisognerebbe cominciare a parlare anche di “alfabetizzazione sanitaria”, ovvero dell’insieme di conoscenze che migliorano la capacità delle persone di elaborare informazioni che consentano loro di vivere in modo salutare. Provate a fare un esercizio: dite se sono vere o false le seguenti affermazioni (la risposta corretta per l’autovalutazione alla fine dell’articolo).
L’esercizio è stato proposto a un campione di circa 28mila europei (mille circa gli italiani) nell’ambito di una indagine sull’uso degli antibiotici pubblicata dalla Commissione europea qualche settimana fa. L’indagine di Eurobarometro rientra nel piano di azione sviluppato dalla Direzione generale sanità della Commissione contro la resistenza antimicrobica, in parole povere il rischio che si sviluppino microbi e batteri resistenti agli attuali germicidi, che ovviamente rappresenta un problema rilevante per la salute pubblica. L’Italia non ci fa una bella figura: in termini di consumo, misurato dalla percentuale degli intervistati che dichiarano di aver utilizzato antibiotici negli ultimi dodici mesi, siamo quarti con il 43 per cento, dietro a Malta, Spagna e Irlanda. Facciamo peggio della media europea (34 per cento) e siamo molto distanti dai primi della classe, i paesi del nord come la Svezia (18 per cento), l’Olanda (20 per cento), la Danimarca e la Germania (23 per cento).
A parere degli esperti dell’Aifa (Agenzia italiana del farmaco), in base a uno studio di qualche anno fa, il consumo inappropriato in eccesso potrebbe addirittura raggiungere il 40 per cento; e non si fa fatica a crederlo considerando i numeri dell’Eurobarometro. Le differenze regionali sono tuttavia notevoli: lo scostamento tra il benchmark teorico e il consumo effettivo supera il 100 per cento per la Campania ed è superiore all’80 per cento per Puglia, Calabria e Sicilia; all’estremo opposto la Liguria, con uno scostamento di poco superiore all’1 per cento, e il Veneto, dove non si arriva al 4 per cento.
Una delle ragioni che quasi certamente contribuisce a spiegare gli usi inappropriati è il livello di conoscenza degli effetti e dell’efficacia degli antibiotici. Non ci facciamo una bella figura neanche da questo punto di vista. Prendiamo i quattro quesiti proposti sopra: al primo, risponde correttamente il 28 per cento degli italiani, contro una media europea del 43 per cento e il 72 per cento degli svedesi. Per la seconda, le risposte corrette a livello nazionale sono solo il 49 per cento; la media europea è al 56 per cento e olandesi, finlandesi e naturalmente gli svedesi al 79 per cento. Sulla terza, forse la più rilevante nell’ambito della salute pubblica, il nostro paese è ultimo, con solo il 58 per cento di risposte corrette; la media europea è l’84 per cento e in testa ci sono i soliti svedesi con il 98 per cento di risposte corrette. Per la quarta domanda, gli ultimi sono gli svedesi, probabilmente perché usano gli antibiotici talmente poco che non si curano delle conseguenze (55 per cento di risposte corrette); noi che li usiamo invece non abbiamo scuse per il 56 per cento di risposte corrette. La media europea è 66 per cento; i primi della classe sono i finlandesi, con il 79 per cento di risposte corrette.
L’importanza dell’informazione
La questione chiave è cercare di capire perché non sappiamo nulla (o quasi) sugli antibiotici. A chiarirlo è un altro dei risultati dell’indagine: conta l’informazione. Solo il 15 per cento degli italiani ha ricevuto una qualche indicazione sul fatto di non prendere antibiotici quando non servono a niente. La media europea è il 33 per cento; in cima al gruppo troviamo i finlandesi (68 per cento), seguiti dai soliti svedesi (51 per cento). Quel che è sorprendente è che la maggior parte degli scandinavi lo ha semplicemente letto sul giornale, mentre i pochi italiani che lo sanno ne hanno parlato con un medico (visto che da noi i giornali non li legge quasi nessuno). E i medici di medicina generale sono il fulcro dell’unica strategia possibile per provare a contrastare il fenomeno, perché il 77 per cento dei rispondenti li considera la fonte di informazione più affidabile. Solo il 22 per cento si fida del farmacista, un dato che deve fare riflettere nell’ottica della “farmacia dei servizi”. Non ci si fida delle infermiere (3 per cento), né delle informazioni che potrebbero essere fornite tramite un sito web ufficiale del ministero (15 per cento). È sul territorio dunque che si potrà vincere la sfida; e ancora una volta riguarda il ruolo e la responsabilità dei medici di medicina generale nel promuovere l’appropriatezza. Visti i dati di Eurobarometro, finora non hanno fatto granché. È tempo di cambiare. Ed ecco le risposte corrette alle domande di Eurobarometro: 1) falso; 2) falso; 3) vero; 4) vero.