Leo Criaco nove anni fa era arrivato nella capitale inglese. Tanti i lavori umili prima dell'offerta per un impiego da garzone presso una delle gioiellerie della casa reale. Li si fa notare e negli anni costruisce la sua carriera che lo porta da Christie's, in Svizzera. La nostalgia dell'Italia c'è ma, dice, "non ci sono stimoli e non vedo crescita"
“Londra non è solo una città inglese, è la capitale d’Europa”. Leo Criaco, 31 anni, per metà campano e per metà calabrese, di anni lì ne ha passati quasi dieci, quindi sa bene di cosa parla.
“Quando sono arrivato ero uno studente di Conservazione dei beni culturali di 22 anni che voleva imparare l’inglese”, racconta a ilfattoquotidiano.it. L’obiettivo iniziale, infatti, era restare sei mesi e poi tornare in Italia per riprendere gli studi in archeologia medievale. Ma Londra è una città che ti sorprende a ogni angolo: “All’inizio ho fatto un po’ di tutto, dal lavapiatti al cameriere – ricorda -, spesso i ristoranti hanno bisogno di personale anche per un solo giorno, così ti prendono in prova e poi ti mandano via”.
Per Leo i primi mesi non sono stati facili: “Dovevo superare la barriera linguistica e poi ho sofferto molto la solitudine – ammette -, a Londra la gente va e viene continuamente, per cui ogni rapporto che stringi è destinato a finire nel giro di due settimane”. L’occasione giusta, però, lo aspettava in un ristorante iraniano: “Pulivo i bagni in questo locale – racconta -, quando un ragazzo brasiliano che conoscevo mi ha chiesto se mi interessava il suo lavoro da garzone per Bentley & Skinner, una delle gioiellerie della casa reale”. Leo non ci ha pensato su due volte: “Ero il tuttofare: andavo in banca, alla posta, pulivo i gioielli”, ricorda.
Poi, però, riesce a farsi notare: “In quel periodo lavoravano a un progetto di Damien Hirst, l’artista britannico più celebre al mondo, e mi hanno chiesto se volevo far parte della security”, spiega.
Il lavoretto si trasforma così in un lavoro vero, ma per Leo le sorprese non erano finite: “Un giorno il capo mi ha convocato per offrirmi un posto da junior assistant – ricorda – ormai ero parte dello staff a tutti gli effetti”. Un bel salto di qualità per lui e nel giro di soli sei mesi: “Mi hanno dato grande fiducia e al tempo stesso hanno investito nella mia professionalità – spiega -, pagandomi anche la scuola di gioielleria”. Lui non li delude e dimostra di avere un certo talento: “Hanno notato che ero portato per la selezione dei diamanti, così mi hanno affidato un altro progetto di Damien Hirst – racconta -, per un anno sono stato chiuso in laboratorio a selezionare diamanti”.
Il giovane che a 22 anni era partito per imparare l’inglese non si sarebbe mai immaginato un futuro così. Ma da buon irrequieto, Leo non aveva ancora voglia di fermarsi: “Dopo sette anni sentivo il bisogno di cambiare lavoro, così ho accettato la proposta di un commerciante che lavorava con le case d’asta”. E questo incarico è stato l’ennesimo trampolino di lancio: “Ho conosciuto molte persone connesse con questo mondo e quando mi hanno detto che cercavano uno specialista da Christie’s a Ginevra ho subito mandato il mio curriculum”, racconta. E l’esito è stato inaspettato: “Pensavo che non mi avrebbero mai chiamato, invece dopo una settimana ho ricevuto una telefonata dalla Svizzera: volevano incontrarmi”, ricorda. Dopo cinque colloqui il lavoro è suo.
Leo dà le dimissioni e vola a Ginevra: “Questo nuovo lavoro mi permette di viaggiare moltissimo – spiega -, sono il responsabile per l’Italia, quindi sono quasi sempre nel nostro Paese per incontrare clienti”. Nessuna nostalgia? “Prima quando tornavo a casa volevo scappare dopo una settimana – ammette -, ora invece non mi basta mai, mi mancano i ritmi italiani e il calore della nostra gente”. Ma dal punto di vista professionale l’Italia non rientra nei suoi piani: “Non penso che tornerò mai, non ci sono stimoli e non vedo crescita – spiega – all’estero, invece, se hai voglia di fare arrivi dove vuoi tu”.