di Marco Marangio
Inutile esprimersi con perifrasi d’occasione. La constatazione è chiaramente lapalissiana: il drammatico disastro ferroviario della Corato Andria non sarebbe mai dovuto succedere. Non in questo secolo, non nell’era della continua evoluzione tecnologica, non nell’era della banda larga. La foto panoramica che è divenuta subito virale nel giro di “poche” condivisioni, avrebbe trovato plausibili giustificazioni in uno scenario storico da Far West. Non certo nel nostro 2016.
Eppure basterebbe contestualizzare lo scontro per iniziare a trarre qualche semplice ma oggettiva valutazione: Italia, Puglia, Sud.
Chi è o è stato studente, lavoratore, pendolare del sud sa riconoscere alcune assonanze, alcuni quotidiani quanto spiacevoli disservizi. La grandi piccole anomalie delle infrastrutture e dei trasporti non sono più l’eccezione, quanto la regola. Tanto si è avvezzi nell’essere figli di un dio minore. Tanto si è abituati nel vedere strutture e mezzi fatiscenti.
E’ ancora fin troppo presto per elargire sentenze e verità, che usciranno alla ribalta soltanto dopo il lavoro della magistratura e delle autorità competenti. Ma dai tanti commenti dei superstiti, dalle tante oggettive osservazioni fatte a posteriori, si evince un’unica situazione: uno dei due treni era sul binario sbagliato nel momento sbagliato. Unico binario. Nonostante il sistema ferroviario italiano sia fra i primi efficienti in Europa, nonostante l’alta velocità, esistono tratte paradossalmente anacronistiche in termini qualitativi. Esistono anche e sopratutto poiché è il Sud. E’ preferibile, tra l’altro, non scendere ulteriormente: Calabria e Sicilia potrebbero presentare mancanze strutturali ben più peggiori.
Il tutto è ormai vissuto dai residenti come l’ovvia quotidianità. Salvo poi vedere o, peggio ancora, assistere ad eventi mortali come quello della Corato Andria. Allora tutti si destano dal torpore della ragione, sopratutto i politici. Scossi visibilmente, è chiaro. Dichiarazioni d’occasione, com’è d’uopo.
La politica fa tutto il possibile. Tutte le energie vengono profuse, ma nel giorno del disastro.
Eppure dal “day after” tutto si affievolisce: le vittime vengono ricordate dai famigliari e dalle cittadine di appartenenza, le esternazioni dei padroni delle policy finiscono in fondo pagina. La vita continua. Le corse, su quell’unico binario, riprenderanno regolarmente.
A chi andrà la maxima culpa? Al solo uomo che non doveva guidare il treno sulla tratta, oppure a tutto il “sistema Italia” che non prevede, non regolarizza, non adegua il territorio locale (sopratutto del Sud) con una rete ferroviaria degna di tal nome?
In tutto questo (in)opportuno rimbalzo di responsabilità che avverrà da oggi e nei giorni a venire, una grande lezione è stata già data dai veri eroi della drammatica vicenda: le Forze dell’ordine tutte e i cittadini che in centinaia hanno invaso Asl e ospedali per donare il proprio sangue.
Questo l’episodio che mostra quanto gli italiani siano uniti. L’Italia, evidentemente, no.