C'è evidentemente un problema molto serio, nel racconto delle emergenze sulla tv italiana. Non esiste un metodo, non esiste una preparazione adeguata per gestire situazioni inaspettate e vicende in divenire. Non esiste la preparazione soprattutto sui temi di politica internazionale e terrorismo, perché le tv italiane sono troppo impegnate a raccontare, parzialmente e senza fare arrabbiare il governo di turno, le piccole beghe da cortile della politica di casa nostra
È giovedì sera. Un giovedì sera d’estate, dunque televisivamente sonnacchioso. Da Nizza arrivano le prime drammatiche notizie sull’attentato terroristico che ha provocato più di 80 morti sulla Promenade des Anglais. Come ormai accade da qualche anno, sono i social network a raccontare per primi l’orrore: immagini strazianti, brevi video girati tra le vittime, avvisi e comunicati da parte delle autorità francesi. I social diventano ancora una volta strumento utilissimo e prezioso per informare, pur con eccessi che non sono mancati, come alcuni video dalle immagini decisamente forti e forse troppo cruenti.
E le tv? Quelle arrivano con i loro tempi, ormai lo sappiamo, e anche quando arrivano non incidono granché sul racconto giornalistico degli eventi. Le all news sono ovviamente le prime a raccontare i fatti in diretta: RaiNews, TgCom24 e SkyTg24 hanno iniziato, tra smarrimento e confusione, a mettere insieme le tante notizie tutte da verificare che arrivavano dalla Costa Azzurra. Ma la televisione italiana non è in grado di coprire questi eventi. Lo sapevamo già, purtroppo, ma giovedì sera è arrivata l’ennesima conferma. I giornalisti delle all news chiamati a condurre una difficile diretta su fatti ancora in corso non sono stati all’altezza delle aspettative. Basti pensare che il più delle volte, la cosa migliore che riuscivano a fare era parlare al telefono con italiani residenti a Nizza, magari anche lontani dalla scena dell’attentato, e chiedere a loro se avessero notizie più precise su questo o quel dettaglio trapelato. Il massimo dell’imbarazzo è stato raggiunto quando, su SkyTg24, i giornalisti hanno chiesto a un dottore italiano residente in Costa Azzura se poteva confermare la smentita delle autorità francesi sugli ostaggi all’hotel Meridien. Perché un medico dovrebbe sapere ufficialmente se la notizia è vera o falsa? In effetti il medico italiano era un testimone oculare delle vicende che si stavano consumando sulla Promenade des Anglais, dunque qualcosa da dire l’aveva Ma non certo su una fantomatica “situazione ostaggi”. E infatti il povero dottore, che peraltro era stato richiamato in servizio in quei momenti per far fronte all’emergenza feriti in ospedale, si è limitato a confermare, imbarazzato, che anche lui aveva sentito in tv la notizia degli ostaggi ma che ovviamente non poteva confermare o smentire nulla, semplicemente perché non lo sapeva, perché non era presente sul posto, perché non è un giornalista né un funzionario di polizia.
Per quanto riguarda i canali generalisti, la prima ad andare in diretta è stata RaiTre con Linea Notte e Maurizio Mannoni, ma anche in questo caso i risultati non sono stati particolarmente brillanti. È normale che una testata giornalistica della tv pubblica italiana debba raccontare una tragedia avvenuta a pochi chilometri dal nostro confine chiedendo a Giovanna Botteri, in diretta da New York, di riportare cosa dice la CNN? Su La7, infine, in studio non c’era Mentana, forse l’unico giornalista televisivo italiano in grado di gestire una diretta del genere, e la sua assenza si è fatta notare assai.
C’è evidentemente un problema molto serio, nel racconto delle emergenze sulla tv italiana. Non esiste un metodo, non esiste una preparazione adeguata per gestire situazioni inaspettate e vicende in divenire. Non esiste la preparazione soprattutto sui temi di politica internazionale e terrorismo, perché le tv italiane sono troppo impegnate a raccontare, parzialmente e senza fare arrabbiare il governo di turno, le piccole beghe da cortile della politica di casa nostra. Forse i dirigenti televisivi, per quanto riguarda gli spazi di informazione, passano troppo tempo a discutere su chi dovrà condurre questo o quel talk show e non si preoccupano minimamente di contribuire alla formazione di una generazione giornalistica che sappia far fronte alle sfide contemporanee di un mestiere sempre più difficile e che non può più essere svolto leggendo le poche righe di agenzia che arrivano in redazione. I social network, se da un lato aumentano a dismisura il rischio di bufale e di notizie non controllate, dall’altro lanciano ai media tradizionali una sfida difficile tutta incentrata sull’immediatezza dell’informazione. Una sfida che la tv italiana sta perdendo ingloriosamente.