Ancora sangue sulla Francia. Questa volta il terrorismo islamico colpisce a Nizza in occasione della festa nazionale francese, il giorno della presa della Bastiglia del 14 luglio che ricorda la sconfitta dell’ancien regime e il trionfo della rivoluzione francese. L’attentatore, un franco-tunisino di 31 anni, ha scelto di salire su un tir di 17 tonnellate e di lanciarsi contro la folla. I testimoni raccontano che l’autista del tir eseguiva in continuo delle sterzate per cercare di investire il più persone possibile. Una notte da incubo che si somma alla strage del Bataclan dello scorso novembre quando un commando di terroristi si mise a sparare per le strade e a quella di Charlie Hebdo, dove furono massacrati i vignettisti del giornale satirico francese. La Francia è il Paese che più sta subendo l’onda del terrorismo islamico. Nessun altro Paese europeo si è trovato a dover fare i conti, fino a questo momento, con una minaccia di questo tipo e che agisce a distanza ravvicinata.

Quali sono le ragioni? Innanzitutto è necessario sottolineare come i servizi di sicurezza francesi abbiano fallito per l’ennesimo volta nella prevenzione degli attentati e nello sventare delle minacce potenziali note alle autorità francesi, ma sulle quali non si è voluto e potuto intervenire tempestivamente prima che queste potessero mettere in atto gli attentati. Basti pensare che i fratelli Saïd e Chérif Kouachi, autori della strage di Charlie Hebdo erano noti alle forze di polizia francese e Amedy Coulibaly, responsabile della strage al supermercato kosher, era stato già fermato in numerose occasioni e nei rapporti della polizia si denunciava la sua pericolosità. La mente della strage del Bataclan, Abdelhamid Abaaoud, in un’intervista rilasciata a una rivista di propaganda dell’Isis, Dabiq, ha dichiarato: “I servizi di intelligence mi conoscevano da tempo perché sono stato messo in carcere da loro. Dopo il raid alla casa, hanno capito che ero con altri fratelli e che stavamo pianificando altre operazioni insieme. Così si sono riuniti agenti dei servizi segreti di tutto il mondo – dall’Europa e dall’America – per trattenermi.”

Dunque nei due precedenti attentati contro la Francia, le autorità sapevano chi erano i terroristi ed erano tenuti sotto osservazione proprio per il rischio che commettessero attentati. Nonostante questo fatto, non c’è stata una sorveglianza sugli attentatori prima delle stragi, o se c’è stata è del tutto evidente che si è rivelata inefficace. In questo momento ancora non si hanno precise informazioni sull’attentatore che guidava il tir ieri sera, ma per ora il terzo attentato contro la Francia in poco più di un anno e mezzo sembra seguire la scia dei due precedenti. La riflessione da farsi è sulle capacità degli Stati contemporanei di prevenire questo tipo di minacce che nonostante tutti i mezzi tecnologici ed informatici a disposizione delle autorità di polizia, riescono a ripetersi puntualmente.

Gli attentati più devastanti del terrorismo islamico si sono verificati proprio nell’epoca dello stato digitalizzato e tecnologico. Il livello di controllo e di sorveglianza nei confronti dei cittadini si è notevolmente alzato negli ultimi 15 anni proprio perché c’è stata una progressiva escalation del terrorismo islamico. E’ stato chiesto, o il più delle volte imposto, ai cittadini europei e americani di rinunciare alla propria privacy e di mettere sul piatto della bilancia maggiore sicurezza a discapito delle proprie libertà personali. Per quello che riguarda l’Ue, si è realizzato un progressivo svuotamento delle carte costituzionali per edificare una struttura sovranazionale in grado di gestire la sicurezza europea.

In altre parole, il tanto dibattuto tema dell’esercito europeo torna prepotentemente in scena, offerto come una cartina di tornasole per garantire maggiore protezione ai popoli dell’Ue, nonostante tutte le cessioni di sovranità degli stati nazionali nei confronti dell’Unione non solo hanno indebolito pesantemente le capacità di prevenzione di questi nei confronti delle minacce terroristiche, ma si vanno rivelando funzionali solamente per edificare un nuovo superstato che non risponde alle più elementari garanzie proprie degli stati di diritto.

Il terrorismo islamico è il propulsore di questo processo. Non si vuole fare una arrischiata correlazione tra la strategia della tensione del dopoguerra italiano insanguinato dal terrorismo rosso e nero, e gli attentati di matrice islamica attuali, ma gli effetti sembrano andare sempre nella direzione di tutelare equilibri e dinamiche che poco hanno a che fare con la democrazia. Se l’Italia era senza dubbio il Paese che più destabilizzava quegli equilibri, oggi la Francia pare essere il paese che più mette a rischio la stabilità dell’Ue. La Francia è difatti l’esempio di come sia fallita la società multiculturale che ospita cittadini di serie A, francesi di prima generazione, e cittadini di serie B, francesi di seconda e terza generazione, i quali sono rimasti ai margini della società, utilizzati come manodopera da sfruttare per favorire la deflazione salariale. Questo modello è deflagrato e fallito, e la prova è sotto i nostri occhi. Nonostante questa evidenza, le élite europee vogliono alzare la soglia del più Europa e portarci a tutti i costi dentro questo superstato europeo. Non con il dibattito e il confronto, ma sotto l’onda della minaccia terroristica.

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