C'è infatti anche chi accusa le toghe di aver violato la legge. Ventilando il deferimento al Csm o la denuncia all'autorità giudiziaria. Per aver intercettato il deputato senza l’autorizzazione prevista quando si tratta di parlamentari. Ma l'onorevole Dambruoso (Sc) difende i giudici: “Rilievi non condivisibili”
E adesso a rischiare sono i magistrati. Accusati di aver violato la legge nel caso di Luigi Cesaro. Intercettato senza l’autorizzazione prevista quando si tratta di parlamentari. Alla fine della seduta dell’aula della Camera dell’altro giorno era tutto un vociare sull’errore, vero o presunto. E sul deferimento possibile, per alcuni auspicabile, dei magistrati in questione al Consiglio superiore della magistratura. O peggio all’autorità giudiziaria. Ma quale errore, dice invece Stefano Dambruoso, magistrato prestato alla politica che difende a spada tratta l’operato della procura e del gip del tribunale di Napoli.
TOGHE NEL MIRINO Le toghe in questione sono finite, come detto, nel mirino della Camera che l’altro giorno ha detto “no” all’uso di tre intercettazioni che coinvolgono l’ex presidente della provincia partenopea, Luigi Cesaro. Parlamentare oggi e parlamentare nel 2012 quando scattarono i microfoni degli investigatori che ora gli contestano la turbativa d’asta e la corruzione per un appalto sui rifiuti nel comune di Forio. I magistrati avrebbero dovuto chiedere l’autorizzazione in via preventiva, ha scritto nero su bianco la Giunta per le autorizzazioni di Montecitorio in una relazione approvata a larga maggioranza dalla Camera. Ma la Giunta presieduta da Ignazio La Russa ha scritto anche altro: Cesaro era l’obiettivo dei magistrati fin dal principio e quindi, in base alle guarentige riconosciute ai parlamentari, i magistrati hanno sbagliato. Cosa che ha fatto immediatamente scattare la reazione di Stefano Dambruoso.
LETTO E SOTTOSCRITTO “La norma che tutela il libero esercizio dell’attività politica mira soltanto ad evitare eventuali persecuzioni da parte della magistratura di qualsivoglia parlamentare. Ho letto le intercettazioni da cui questa volontà di condizionare l’attività politica di Cesaro non emerge affatto. Del resto se fossimo di fronte ad un errore così marchiano si sarebbero dovute evidenziare conseguenze a carico di quegli stessi magistrati, disciplinari o eventualmente anche penali”, spiega a ilfattoquotidiano.it, Stefano Dambruoso che è uno dei 74 deputati che avrebbero voluto mettere a disposizione “tutto il materiale che serve agli inquirenti per l’accertamento della verità. Per questo le conclusioni della Giunta per le autorizzazioni non sono, per me, condivisibili”.
TUTTO CHIARO Posizione questa rimasta minoritaria. La delibera proposta dal relatore Marco Di Lello, che ha negato l’autorizzazione all’uso delle intercettazioni, è passata a larghissima maggioranza: 285 i voti, un fronte trasversale che va dal Pd a Forza Italia passando per i Conservatori riformisti fino ad arrivare a Sel. Dall’altra parte si sono invece schierati due deputati del gruppo Misto (Edoardo Nesi e Aris Prodani), uno di Democrazia solidale (Mario Sberna), due di Scelta Civica, Dambruoso, appunto, e Adriana Galgano. E 69 deputati del Movimento 5 stelle. Per i quali il caso è chiarissimo. Come appare ad Alessandro Di Battista che ha chiosato così via twitter: “FI, PD e SEL votano contro utilizzo intercettazioni per l’On. Luigi Cesaro, autista del boss Raffaele Cutolo”. Più articolato in aula l’intervento della pentastellata Paola Carinelli: “Le intercettazioni hanno casualmente coinvolto, come interlocutore Cesaro. E solo in un momento successivo, a seguito dell’acquisizione di ulteriori elementi di prova quelle captazioni hanno assunto un elevato interesse per l’indagine. E dunque solo successivamente il magistrato si è trovato nelle condizioni di doverne chiedere l’utilizzo alla Camera”. Argomenti che non hanno fatto breccia in casa Pd: il caso è chiaro anche per loro. Anzi è “un caso di scuola”, ha detto l’avvocato penalista e deputata dem, Anna Rossomando, che ha parlato a nome del gruppo: “Quello che i magistrati hanno fatto non si può fare e quindi non possiamo concedere l’autorizzazione e lo facciamo con orgoglio” .
SEGNALE POLITICO Venti, anzi 21 dopo che Laura Ravetto ha fatto rettificare il suo voto, sono stati gli astenuti: dieci deputati della Lega, sette civatiani, Walter Rizzetto di Fratelli d’Italia e due parlamentari del Pd, Giulia Narduolo e Irene Tinagli. “Non abbiamo nessun rappresentante nella Giunta per le autorizzazioni. Quello che però emerge dalla relazione portata in aula è che ci sia stata una certa forzatura della norma da parte dei magistrati. Ma abbiamo preferito astenerci per dare un segnale politico: non è un voto in difesa delle prerogative dei parlamentari tout court”, dice Massimiliano Fedriga della Lega Nord, che sottolinea come questa sia stata l’indicazione data al gruppo a cui però è stata lasciata libertà di voto. Hanno votato il “no” all’uso delle intercettazioni per esempio, Umberto Bossi, ma anche altri deputati, come nel caso di Barbara Saltamartini e Pina Castiello, deputata di Afragola approdata recentemente al Carroccio da Forza Italia. Ma del resto anche in casa Scelta Civica si è andati in ordine sparso e l’indicazione di Dambruoso non ha avuto grandi riscontri.
REATO IN VISTA “In Giunta la mia proposta è passata col voto di tutti se si fa eccezione per i Cinque stelle”, dice Marco Di Lello: “Non potevamo fare altrimenti. Cesaro è mio avversario politico e probabilmente se ci fosse concesso di entrare nel merito del procedimento penale la mia posizione sarebbe diversa. Ma noi dobbiamo solo verificare se sia stata rispettata la norma sulle guarentige di cui godono i parlamentari: che può piacere o no e se si ritiene si può pure cambiarla. Ma fin che c’è va rispettata: i magistrati dovevano chiedere l’autorizzazione alle intercettazioni prima e non dopo. Non faccio il censore ma il loro è un atto illegittimo”.Non le ha mandate a dire ai magistrati dell’inchiesta, e non solo, neppure Sergio Pizzolante di Ncd. Che in aula a Montecitorio ha tuonato: “Quella che è stata fatta nei confronti dell’onorevole Cesaro è un’attività illegale di un magistrato, è un reato”. Per poi passare sulla graticola Stefano Dambruoso, come detto magistrato prestato alla politica. Pizzolante conferma tutto e anzi rilancia. “La relazione della Giunta afferma che il magistrato ha consapevolmente intercettato Casero senza essere autorizzati. E’ sbagliata dunque la difesa che ne fa Dambruoso che non può, da parlamentare, fare il sindacalista dei pm. Come non è possibile immaginare che i magistrati vivano la responsabilità enorme che è loro attribuita al di fuori della legge”. Insomma Cesaro per ora è salvo. I magistrati che lo hanno indagato un pò meno.