Come ogni buon “giallo” che si rispetti, la vicenda relativa alla discrepanza tra le emissioni inquinanti omologate e quelle realmente rilevate su strada si arricchisce via via di nuovi particolari. Che questa volta mettono tuttavia in discussione la stessa Commissione europea: il prestigioso settimanale tedesco Der Spiegel, infatti, dichiara nell’edizione on-line di essere entrato in possesso di un certo numero di documenti interni dello stesso esecutivo Ue che dimostrerebbero la conoscenza informata di numerose irregolarità da lungo tempo, e il fatto che in seno alle varie commissioni interne se ne è discusso più volte.
L’analisi delle carte effettuata da Der Spiegel permette di ricostruire in modo articolato la vicenda emissioni in Europa facendone partire l’inizio sostanzialmente a metà degli anni 2000, quando in special modo in relazione ai modelli con motore a gasolio era già stata notata una evidente differenza tra emissioni reali ed omologate. Tra i numerosi passaggi messi in evidenza, in particolare, si apprende che nel 2007 la stessa Commissione aveva incaricato il Centro Comune di Ricerca (JRC, Joint Research Center) – organizzazione tecnica interna che realizza studi per conto della Commissione stessa – di una serie di test di approfondimento delle emissioni: per questo compito, il CCR aveva sviluppato ed impiegato un dispositivo portatile di analisi anche chimica (ma molto sofisticato) conosciuto come Freeway Performance Measurement System (PeMS), scoprendo rapidamente che le emissioni di ossido di azoto dei veicoli diesel erano molto più alte in condizioni di circolazione su strada rispetto a quelli registrati in laboratorio.
I primi risultati erano stati pubblicati in una rivista nel 2008 ed erano venuti conseguentemente a conoscenza della Commissione europea già in quell’anno. Interessante, inoltre, notare che quella stessa tecnologia, sviluppata dal CCR, sarebbe stata poi utilizzata per rivelare la manipolazione delle emissioni di Volkswagen negli Stati Uniti.
Secondo le carte analizzate dal settimanale, sarebbe dunque per lo meno dal 2010 che la Commissione europea possiede effettivamente e concretamente evidenza del fatto che i costruttori di automobili trucchino in certo qual modo i reali valori delle emissioni nocive dei motori diesel, e che proprio questa alterazione – realizzata impiegando i famosi software inseriti nelle centraline elettroniche delle auto – sia stata oggetto di numerose discussioni interne all’ente europeo per anni. Il tutto ruoterebbe attorno all’utilizzo improprio di una normativa europea del 2007 che consente che le misure di controllo delle emissioni possano essere disattivate in talune condizioni di marcia, ma solo in situazioni specifiche, al fine ad esempio di evitare danni al motore.
Gli stessi governi degli Stati membri dell’Unione Europea sarebbero stati direttamente a conoscenza di possibili manipolazioni delle emissioni ben prima dello scandalo Volkswagen, afferma ancora Der Spiegel nell’analisi, supportando il tutto con brani di email scambiate tra funzionari dei ministeri competenti di diverse nazioni (tra cui quelli britannico, francese e tedesco). Altro passaggio interessante risale sempre all’estate del 2012, quando la serie di informazioni sensibili sull’argomento sarebbe stata portata a conoscenza dell’allora Commissario europeo per l’industria e l’imprenditoria, Antonio Tajani: la notifica circa le manipolazioni del software intraprese dai costruttori di automobili, secondo i documenti, sarebbe stata inoltrata sia per lettera sia durante un incontro personale da parte della Schrader Electronics (fornitore di componentistica), senza però suscitare alcuna reazione, all’epoca, in seno agli organi della Commissione.
L’inazione avrebbe creato in ogni caso attriti, prosegue Der Spiegel; nel novembre 2014, Karl Falkenberg, direttore generale del dipartimento dell’ambiente, ha inviato una lettera al suo omologo Daniel Calleja Crespo (che ha guidato il reparto Imprese e industria e ha risposto al Commissario Tajani) chiedendo che si verificasse se “certe pratiche attuali documentate ampiamente dal JCR” fossero coerenti con la legge. Le pratiche menzionate nella lettera includono “sistemi di abbattimento delle emissioni che sono spenti a basse temperature o quando il veicolo ha bisogno di energia supplementare”.
Der Spiegel tira infine qualche conclusione. La Commissione europea, sostiene il settimanale, continua a negare di essere a conoscenza di pratiche illegali, ma nei documenti in possesso ci sono ripetuti riferimenti ai tentativi di influenzarla fatti dall’industria automobilistica. Lo scandalo VW avrebbe tuttavia spinto Bruxelles ad agire: attualmente, è in discussione una proposta della Commissione che richiederebbe alle case automobilistiche di fornire informazioni relative al software utilizzato sui loro veicoli durante la fase di omologazione, per consentirne l’esame esterno. A metà giugno, la Commissione ha infine deciso di adottare i cosiddetti test di omologazione delle emissioni WLTP (Worldwide Harmonized Light Vehicles Test Procedure), che dovrebbero fornire dati più precisi sulla emissioni e sul consumo di carburante reale dei nuovi veicoli.