Giusta quantità, alta qualità e poco sbattimento nel coltivarla. Così si può vincere a GrowerZ, il nuovo gioco di carte sull’autoproduzione di Cannabis. Se l’è inventato Alberto Barbieri che assieme ai soci Luigi Cornaglia e Pietro Berruti ha messo in piedi nel 2016 una società cooperativa che si chiama Demoelà. L’obiettivo generale è quello di proporre il gioco come un momento di aggregazione in grado di promuovere informazione e sensibilizzazione su temi sociali: “GrowerZ è come se fosse ambientato in Colorado, Uruguay o Spagna, dove si può coltivare la Cannabis”, spiega al FQMagazine uno dei fondatori di Demoelà, Luigi Cornaglia. “Nel gioco non sei tu che concorri ma una serie di personaggi come l’hippy, lo studente, l’avvocato, persone che hanno altri impegni nella quotidianità e non vivono per coltivare erba a tempo pieno”. Insomma a GrowerZ si vince se si coltivano 2, 3 piantine utilizzando qualche ora del proprio tempo a settimana. Se il tempo impiegato invece è alto e la quantità prodotta è troppo elevata siamo al game over.
“Il modello che abbiamo valutato essere il migliore prevede la coltivazione di due tre piante a testa. E’ un modello che crea Pil perchè si comprano strumenti per il giardinaggio, si consuma energia elettrica e soprattutto si toglie mercato dalle mani della mafie. Nel gioco se si producesse un’enorme quantità di piante e si vincesse passerebbe un messaggio sbagliato. Attraverso il nostro gioco noi vogliamo educare ad un consumo responsabile. La cannabis va assunta con equilibrio e consapevolezza”. Demoelà è una coop giovanissima, ma ha già portato sul mercato un anno fa, il gioco dedicato alla città di Genova: Zena1814. “Il 1814 è l’ultimo anno d’indipendenza della Repubblica di Genova – prosegue Cornaglia – 200 anni dopo abbiamo cercato di dare una scossa alla nostra città in risposta all’attuale fase di declino. Siamo molto contenti di Zena1814 perché a Genova ha avuto un ottimo impatto”.
GrowerZ uscirà ad ottobre 2016 e intanto i soci di Demoelà lavorano ad altri progetti: “Il nostro terzo gioco sarà sulla disabilità mentale e sugli equilibri delle famiglie che devono affrontare queste sfide”. Intanto la battaglia per la liberalizzazione della Cannabis va avanti per Cornaglia e soci anche su altri versanti. “Siamo stati contattati da Michael Patterson, CEO di US Cannabis Pharmaceutical Research & Development, per sviluppare collaborazioni tra le aziende italiane nel mondo della canapa e il mercato statunitense. L’Italia viene guardata con interesse in vista di una possibile apertura del mercato del settore Cannabis non ricreativa, ovvero quel che riguarda prodotti di canapa per l’abbigliamento, la cosmetica, la gastronomia, eccetera. “Si creerebbero nuovi posti di lavoro, e poi si comincerebbe a dismettere la plastica sostituendola con una valida alternativa più sostenibile e biodegradabile”.
Le basi per una rivoluzione culturale e medico-sanitaria sul tema cannabis sembrano iniziate in Italia grazie anche all’attività del gruppo interparlamentare costituitosi nel luglio 2015: “Pensiamo che in questa legislatura verranno poste le basi per un intervento di liberalizzazione che confidiamo arriverà nei prossimi anni. Chiaro è un problema più generazionale che altro. I 60enni di oggi non cambiano di certo idea stante la martellante propaganda ricevuta per anni. Chi invece oggi ha meno di 40 anni e da adolescente ha vissuto lo spinello come consuetudine è molto più libertario sul tema”. “Io quante canne mi faccio? – conclude Cornaglia – a 20 anni ne ho fatto un uso quotidiano, oggi a 33 anni un paio al mese. Gestisco con maturità quello che penso resti un grande piacere della vita”.