Rinvio a giudizio per avvelenamento di acque e, soprattutto, per disastro ambientale, per fatti anteriori e posteriori all’entrata in vigore della legge (maggio 2015) che ha introdotto nel codice penale i delitti contro l’ambiente, i cosiddetti “ecoreati”. E’ questo l’esito rilevantissimo dell’udienza preliminare dell’ultimo (in ordine di tempo) procedimento penale relativo alla mega discarica di Malagrotta, a Roma. Gli imputati sono il proprietario della stessa discarica, Manlio Cerroni, e un suo collaboratore, accusati, per l’appunto, di aver “avvelenato acque destinate all’alimentazione” e “cagionato un disastro ambientale” consistente nella “alterazione dell’equilibrio di un ecosistema” nonché nella “offesa alla pubblica incolumità”.
L’elemento più pregnante, in diritto, della vicenda è certamente l’imputazione per disastro ambientale. E’ la prima volta, a quanto è dato sapere, che il più significativo, per sostanza giuridica e portata “simbolica”, dei nuovi delitti fa il suo ingresso in un procedimento penale di questo livello. Era la notizia che operatori del diritto e osservatori di questioni di ambiente violato attendevano: il primo, concreto, banco di prova dei nuovi strumenti di tutela penale dell’ambiente. E un procedimento di questa fatta è più di un banco di prova: è una prova del fuoco.
Il dato giuridico che, però, assegna a questo dibattimento un valore ancor più importante è quello cui si accennava all’inizio: il pm ha contestato agli imputati il reato di disastro ambientale anche per fatti risalenti a ben prima del maggio 2015, epoca di entrata in vigore della legge 68\2015. La contraddizione con un principio fondamentale del nostro ordinamento penale, per il quale “se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo, salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile” (art. 2, Codice Penale), è solo apparente. Infatti, il nuovo reato di “disastro ambientale” (pena: da 5 a 15 anni di reclusione) è chiaramente meno favorevole di quello precedente di “disastro innominato” (da 3 a 12 anni). Ciononostante, il Pm ha contestato agli imputati il reato permanente (una condotta illecita ininterrotta) di disastro ambientale (entrato in vigore, lo si ripete, solo a maggio 2015) a partire da epoche assai remote fino all’emissione della richiesta di rinvio a giudizio (ottobre 2015).
Ora, alla stregua di un principio di diritto ormai consolidato nella giurisprudenza della Corte di Cassazione, “nel caso di successione di leggi penali più severe, qualora la permanenza si protragga sotto il vigore della nuova legge, è questa soltanto che deve trovare applicazione”.
Fuori dal lessico penalistico, la massima della Suprema Corte, applicata al caso di cui ci si sta occupando, vuol dire che i fatti ascritti agli imputati, che prima ricadevano nell’ambito di applicabilità del vecchio reato di “disastro innominato” (quella che, fino all’approvazione della legge sugli ecoreati, era l’unica, problematica, forma di repressione penale di un evento ambientalmente disastroso), siccome sono stati commessi in maniera ininterrotta fino all’ottobre 2015 (e, forse, anche oltre) ora vengono interamente “sussunti” (ricondotti) nell’alveo della nuova norma penale. Il Gup del Tribunale di Roma ha accolto pienamente l’impostazione del pm, rinviando a giudizio gli imputati sulla base dei capi d’imputazione formulati dall’accusa.
E’ evidente che quella stessa impostazione, laddove avallata dalla giurisprudenza (in particolare, da quella della Cassazione), aprirebbe margini di applicabilità e di efficacia alla nuova norma penale rilevantissimi. Sarà, per l’appunto, solo quando avremo un numero significativo di pronunce definitive che potremo iniziare a fare un primo, serio bilancio dei punti di forza e di debolezza della legge sugli ecoreati. Prima di quell’epoca (speriamo non particolarmente remota), qualsiasi valutazione preventivamente trionfalistica di questa, pur sospiratissima, riforma (ci sono voluti più di vent’anni per conquistarla) sarebbe fuori luogo.
Non pare, tuttavia, temerario considerare che questo è un inizio incoraggiante.