Carlo De Benedetti, il fratello Franco Deebenedetti e Corrado Passera condannati. Roberto Colaninno assolto. E nuove indagini sull’ingegnere. E’ quanto deciso dal tribunale di Ivrea nell’ambito del processo per le morti da amianto tra gli ex operai Olivetti della città piemontese. La sentenza più dura è quella nei confronti del presidente del gruppo Espresso. L’accusa aveva chiesto nei suoi confronti 6 anni e 8 mesi per omicidio colposo e lesioni, il giudice Elena Stoppini ha accolto in gran parte la richiesta e lo ha condannato a 5 anni e due mesi, come il fratello Franco. 13 in tutto le condanne. Tra queste spicca quella all’ex ministro del governo Monti ed ex amministratore delegato di Intesa Sanpaolo Corrado Passera: per lui un anno e 11 mesi di carcere. Fra i tre assolti figura Roberto Colaninno, che era chiamato in causa per un solo caso di lesioni colpose.
“Sono stupito e molto amareggiato per la decisione del Tribunale di Ivrea di accogliere le richieste manifestamente infondate dell’accusa. Sono stato condannato per reati che non ho commesso”: sono state queste le prime parole di Carlo De Benedetti dopo la sentenza. L’imprenditore, annunciando che presenterà ricorso in appello, si è detto “fiducioso della totale estraneità rispetto ad accuse tanto infamanti quanto del tutto inconsistenti. Sono vicino alle famiglie dei lavoratori coinvolti, ma ribadisco ancora una volta che, durante la mia gestione, l’Olivetti ha sempre tenuto nella massima considerazione la salute e la sicurezza in ogni luogo di lavoro”. Una presa di posizione diametralmente opposta a quella del pm Laura Longo, secondo cui “la soddisfazione in questi casi è relativa, perché si è di fronte all’ennesima tragedia dell’amianto. Queste – ha aggiunto – erano morti che si potevano e si dovevano evitare”. Al di là delle varie dichiarazioni, però, per Carlo De Benedetti le brutte notizie non sono finite con la condanna. Nei suoi confronti, infatti, ci saranno altri accertamenti relativi alle morti da amianto. A ordinarli è stata la giudice Elena Stoppini che, come avevano chiesto i pm, ha disposto la trasmissione degli atti in procura per tre decessi attribuiti a un tumore polmonare e non, come accaduto in un primo tempo, a un mesotelioma.
Il sindaco di Ivrea Carlo Della Pepa, dal canto suo, ha parlato di una sentenza che “fa chiarezza” ma che in ogni caso “non cancella la storia della Olivetti e quello che l’azienda ha dato alla nostra città”. Per il primo cittadino non è sbagliato distinguere “fra la Olivetti degli anni Sessanta e quella degli anni Ottanta”. “Naturalmente – ha aggiunto – ogni decennio ha le proprie specificità e le proprie problematiche. Il processo ha fatto luce su quanto è avvenuto in azienda negli ultimi anni. Forse prima c’era più attenzione perché il mondo era più semplice …”.
La procura di Ivrea, come detto, aveva chiesto la condanna a 6 anni e 8 mesi dell’imprenditore Carlo De Benedetti al processo per la morte, secondo l’accusa, legata all’esposizione all’amianto sul luogo di lavoro, di alcuni ex dipendenti dell’Olivetti. Per Franco Debenedetti la pena proposta era di 6 anni e 4 mesi. Entrambi hanno ricoperto incarichi di vertice nell’azienda eporediese (Carlo De Benedetti è stato amministratore delegato e presidente del cda dal 1978 al 1996, Franco Debenedetti amministratore delegato dal 1978 al 1989) e, per i pm Laura Longo e Francesca Traverso, non hanno fatto prendere in tempo utile gli indispensabili provvedimenti per tutelare la salute dei lavoratori: dalla bonifica dei luoghi alla rimozione di una sostanza nociva come il talco dai cicli di lavorazione. Per Corrado Passera, invece, la richiesta era di 3 anni e 6 mesi: l’ex ministro, chiamato in causa come consigliere amministratore delegato dal 1992 al 1996, è stato condannato a un anno e 11 mesi. “Nel rispetto della funzione giurisdizionale, dico che questa è una sentenza profondamente ingiusta” ha dichiarato l’avvocato Guido Carlo Alleva, difensore dell’ex ministro. “Passera – ha spiegato – è stato amministratore delegato per poco tempo e nell’ultimo periodo contestato dall’accusa. Non c’è nessuna prova che le esposizioni all’amianto siano avvenute in questa epoca e non c’è nessuna prova di un suo comportamento omissivo“.
Parallelamente i legali di parte civile (familiari delle persone decedute e Inail) avevano avanzato richieste di risarcimento per oltre cinque milioni di euro, andate a sommarsi al milione e cento chiesti nella precedente udienza da Comune di Ivrea e Città metropolitana di Torino. Il giudice Elisa Stoppini, tuttavia, ha deciso che gli indennizzi – a titolo provvisorio – alle parti civili ammonteranno a una cifra vicina ai due milioni di euro. Le somme dovranno essere versate “in solido” dagli imputati condannati, a seconda delle singole posizioni, e da Telecom, chiamata in causa come responsabile civile. Le provvisionali (un acconto sul risarcimento complessivo) sono state attribuite alle persone fisiche e all’Inail, per la quale il totale supera i 710mila euro. Le altre parti civili, fra cui enti territoriali, sindacati e associazioni, potranno attivare una causa giudiziaria. Il procedimento riguarda la morte di tredici ex dipendenti per amianto tra la fine degli anni ’70 e ’90.