Diciotto mesi di sospensione tra il primo grado e il secondo e altri diciotto dopo l’appello. Con un aumento dei tempi di un terzo anziché della metà anche per i reati contro la pubblica amministrazione. E' questa la mediazione alla quale si sta lavorando. E che la sottosegretaria alla Giustizia Chiavaroli anticipa a ilfattoquotidiano.it: “Soluzione equilibrata, è l’accordo che avremmo dovuto fare fin dal principio”
Diciotto mesi di sospensione tra il primo grado e il secondo grado e altri diciotto dopo l’appello. Aumento dei tempi di prescrizione dei reati contro la pubblica amministrazione di un terzo anziché della metà. E’ questo l’accordo nell’ambito della riforma del processo penale a cui stanno lavorando Pd e Ncd per contenere le polemiche. E scongiurare una nuova battuta d’arresto al testo, licenziato da un anno dalla Camera e ripartito tra molte difficoltà al Senato. M5S e minoranza Pd affilano le armi, ma la maggioranza sembrerebbe intenzionata, questa volta, ad andare fino in fondo. Anche perché Ncd non sarebbe intenzionata a sacrificare l’accordo alla norma acceleratoria dei processi di cui si è parlato nei giorni scorsi.
CHIUSURA IN VISTA “Domani mattina ci vedremo per chiudere definitivamente il testo in un confronto tra i rappresentanti giustizia dei partiti di maggioranza e il governo”, spiega il sottosegretario alla Giustizia Federica Chiavaroli (a sinistra nella foto), esponente di Ncd. E che a ilfattoquotidiano.it i termini dell’accordo che si va profilando al Senato con i colleghi del Pd. “Per noi si sarebbe dovuti partire dal lavoro concordato in consiglio dei ministri (era il 2014, ndr), mentre si è continuato a ragionare sul testo approvato dalla Camera che è decisamente diverso. A parte la previsione, questa migliorativa, che riguarda le norme transitorie dei processi in corso, a Montecitorio è stato introdotto un sostanziale peggioramento del testo. Con l’aumento a dismisura dei termini di prescrizione e in base al quale alcuni reati diventerebbero addirittura imprescrittibili. Serve una soluzione più equilibrata, una via di mezzo tra i le due proposte”. Nel mirino di Ncd infatti non è tanto l’impostazione concordata in seno al governo che aveva deciso di regalare ai processi altri tre anni di vita. Ma soprattutto il testo licenziato successivamente dalla Camera grazie ad un blitz della presidente della Commissione Giustizia, la dem Donatella Ferranti che ha raddoppiato i termini di prescrizione per alcuni reati.
NESSUNA ACCELERAZIONE L’ipotesi di mediazione tra Pd e Ncd ruota ora attorno alla sospensione della prescrizione per 18 mesi, anziché due anni, dopo la condanna in primo grado. E per altri 18 mesi (anziché dopo un anno) dopo l’appello. “Si tratta pur sempre di tre anni, come previsto dal progetto originario del governo, ma la distribuzione è più equa”, spiega Chiavaroli. Che insiste sul punto più delicato: “Chiediamo che l’aumento dei tempi di prescrizione per i reati contro la pubblica amministrazione sia di un terzo e non della metà. Noi di Ncd abbiamo chiesto anche una norma acceleratoria. Ma sinceramente non so se entrerà nell’accordo di maggioranza”.
QUELLA MANNAIA Del resto la previsione è controversa e già ha suscitato più di una levata di scudi. Di che si tratta? Dell’azzeramento del bonus della sospensione della prescrizione quando non si arrivi a sentenza entro i termini. Il giudice di appello, in caso di sforamento dei tempi, calcolando per intero anche il periodo di sospensione dichiarerebbe consumata la prescrizione. Facendo scattare da subito la mannaia sul processo senza possibilità di andare in Cassazione.
BUONA VOLONTA’ Basterà accantonare la norma acceleratoria per concludere l’accordo? “Con il ministro della Giustizia Andrea Orlando siamo accomunati dalla volontà di mandare in porto questo provvedimento così importante. C’è la volontà di chiudere il testo smussando tutti gli angoli. Sono ottimista e trovo significativo che la commissione Giustizia sia già stata convocata con più sedute, anche notturne”. Respinge al mittente, l’esponente di Ncd l’accusa che il partito di Alfano tenga bloccato il testo che da oltre un anno dal via libera di Montecitorio langue al Senato. “Quello che si sta profilando al Senato è l’accordo che avremmo dovuto fare fin dal principio alla Camera e che poi sfumò per un soffio all’ultimo istante: il Pd allora si fece tentare dall’autosufficienza, ma al Senato è un’altra storia”, dice Chiavaroli ricordando la spaccatura che si registrò a Montecitorio nel 2015. Un incidente in seno alla maggioranza che limitò i danni per il rotto della cuffia (Ncd alla fine evitò lo scontrò e preferì astenersi) grazie alla promessa del Pd di tornare al confronto con gli alleati di governo una volta che si fosse affrontato il passaggio del testo a Palazzo Madama.
NULLA DI PERSONALE “La scorsa settimana abbiamo dimostrato che con il gruppo di Area popolare compatto, perché il nostro gruppo lo è e conviene a tutti che lo continui ad essere, il governo al Senato ha i numeri e può lavorare sereno e spedito senza dover cercare altre maggioranze”, aggiunge il sottosegretario. Il timore del centrodestra è infatti che il Pd si smarchi. Come pure è sembrato possibile dopo la presentazione degli emendamenti da parte dei relatori, i dem Felice Casson e Giuseppe Luigi Cucca. Che avevano intercettato il gradimento della minoranza dem e del M5S con due proposte chiare: fermare la prescrizione dopo la sentenza di primo grado. E, preliminarmente, farla partire dal momento dell’acquisizione della notizia di reato dal magistrato. Proposte che avevano mandato su tutto le furie gli alfaniani. E determinato il Pd a correre ai ripari rassicurando gli alleati di governo. “Si tratta di emendamenti a titolo personale”, avevano subito rassicurato i maggiorenti dem al Senato. E del resto a stroncare i relatori si è fatta carico nel frattempo anche la commissione Affari costituzionali. Che ha sentenziato: sono previsioni contrastanti con la ragionevole durata del processo.