Un forte aroma di eucalipto. E’ il benvenuto che riserva ai visitatori l’isola di Lesbos, nell’Egeo orientale, nota non solo per aver dato i natali alla poetessa Saffo ma per mille altre cose, ai più sconosciute. Qui, venti milioni di anni fa c’era una immensa foresta di querce, coperte di lava dopo svariate eruzioni vulcaniche. Qui esiste uno dei centri di bird watching più noti d’Europa a cavallo di una salina, con fenicotteri rosa e specie rarissime che richiamano frotte di appassionati tedeschi e svedesi ogni ottobre.
Qui l’ascetismo si traduce in lezioni di filosofia, arti e musica nel monastero mozzafiato di Lemonàs. Qui siamo a un passo (sei miglia nautiche) dalla Turchia, con cui gli isolani per tutto il ‘900 commerciavano spezie e tessuti, contribuendo a fare di Lesbos un’isola ricca e prospera. Le case neoclassiche che accolgono il visitatore poco dopo il porto di Mitilini sono un segnale: non solo di benessere passato, ma anche di cultura e predisposizione mentale agli scambi commerciali e culturali.
La costa occidentale, a favore di correnti per via dell’Egeo aperto, è un libro aperto alla voce storia. Dalla piccola Nissiopi, un atollo dove oggi c’è una preziosa riserva marina e un parco naturale che conserva i fossili di quelle querce secolari, transitò Agamennone e il suo esercito prima di arrivare a Troia. La leggenda narra che il re disse ai suoi uomini di riposarsi su quell’isola in religioso silenzio, per non destare sospetti. Di lì il nome Nissiopi, da siopì che significa silenzio e nisì che significa isola.
Toccare con mano le spiagge e i villaggi di Lesbos come Vatoussa, Petra e Sigrì significa cercare ardentemente un’altra Grecia: diversa e differente dal turismo di massa delle splendide Cicladi. Qui a Lesbos il tempo si è fermato. Si è fermato nella pittoresca Vatoussa, dove gli anziani giocano ogni mattina a carte sorseggiando il loro caffè ellenikos, dinanzi ad un platano dove anni fa hanno impiantato un fico. Si è fermato a Kallony Bay, dove la ricerca della spiritualità si fonde con mare e spiagge, ma senza trascendere nel commerciale o nel vago e scontato.
Si è fermato nella peculiare conformazione del territorio, che al centro esatto dell’isola si fa brullo fino all’inverosimile, quasi a somigliare al Texas. Si è fermato nell’Olive Press, dove un secolo fa c’era una fabbrica di olio e oggi, con una ciminiera (restaurata) in bella vista, si può soggiornare in quei locali a un metro dalla baia di Molyvos. Qui il rapporto carnale con l’Anatolia si scorge in ogni angolo. Perché l’est nei secoli si è mescolato con l’ovest sino a farne tutt’uno, spezzato solo dalla barbarie dell’uomo e della mala politica espansionistica nel 1921.
Le acque gelide di Lesbos ci ricordano cosa significa nuotare, anche se a farlo nei mesi trascorsi non sono stati turisti. Si nuota per raggiungere una meta, per sport, per diletto. Ma anche per riappacificarsi con quell’elemento naturale, l’acqua, che in Grecia è padrone. Da secoli Lesbos è sinonimo di libertà. Un luogo franco, dove nessuno è straniero e tutti sono accolti. E al di là di come andrà a finire la questione del premio Nobel, quest’isola la sua preziosa coccarda può già appuntarsela (con orgoglio) sul petto.