E adesso sul reato di tortura la strada è tutta in salita. A difendere il testo che rischia, come dice la senatrice di Sel, Loredana De Petris, di finire in “un limbo vergognoso approfittando dei morti di Nizza”, sono rimasti davvero in pochi. E non sono bastate alla fine della giornata di ieri le rassicurazioni del capogruppo dem al Senato, Luigi Zanda in aula. Dove era stato appena annunciata la decisione della capigruppo di sospendere il provvedimento ad un passo dal voto finale a Palazzo Madama. “Dobbiamo garantire al nostro Paese che verrà approvato presto, prima della pausa estiva. È un impegno che voglio prendere e che intendo rispettare . E’ un provvedimento che non intendiamo affatto abbandonare. Abbiamo accettato non volentieri la sospensione perché dobbiamo valutare la maggioranza che sostiene questo ddl e auspichiamo sia più larga possibile”, ha detto in aula a tarda serata Zanda mentre infuriava la polemica dai banchi di Sel e M5S.
FORZA ANGELINO Silenzio dal Pd, eccezion fatta per il presidente della Commissione per la tutela e la promozione dei diritti umani, Luigi Manconi che tuona contro il Senato “infingardo e inqualificabile”. Hanno invece esultato tutti gli altri: un fronte vasto del centrodestra di un tempo che va dalla Lega, a Forza Italia passando per Cor, i Conservatori riformisti, che aveva chiesto il ritorno del testo in commissione. E naturalmente Ndc, il partito del ministro dell’Interno Angelino Alfano, oggi alleato di governo del Pd. E che commenta: “Molto saggia la decisione del Senato di sospendere la discussione sul ddl tortura e non perche’ siamo contrari nel merito alla introduzione di questo reato, ma perche’ non possono esserci equivoci sull’uso legittimo della forza da parte delle Forze di Polizia. Le Forze di Polizia stanno servendo il Paese con efficacia e professionalita’ e noi lo riconosciamo non con le parole, ma con i fatti”.
MANI LEGATE Era stato proprio Alfano a promettere modifiche due giorni fa. Incalzato dal pressing di ben 19 sigle sindacali delle forze di polizia e Cocer (Siulp, Siap, Anfp, Silp Cgil, Ugl Polizia di Stato, Uil Polizia, Consap, Adp, Anip, ma anche sul fronte carcerario di Sappe, Osapp, Uilpa Polizia Penitenziaria, Sinappe, Fns – Cisl, Uspp Polizia Penitenziaria, Cnpp, i sindacali della forestale Ugl Forestale, Snf, Cisl Fns,Uil Pa, Sapaf e il Cocer Guardia di Finanza). Che avevano messo nel mirino il testo all’esame del Senato che per la contestazione del reato di tortura non richiede – è questa l’accusa – né le reiterate violenze, nè il dolo intenzionale. Un combinato disposto che legherebbe le mani a chi è impiegato quotidianamente nella tutela dell’ordine pubblico ma anche nelle carceri per non parlare della lotta contro il crimine organizzato. “Esporrà tutti gli operatori a denunce strumentali da parte dei professionisti del disordine e dei criminali incalliti”, avevano tuonato i sindacati e il Cocer delle forze di Polizia.
PUNTO E A CAPO Il Sindacato autonomo di polizia (Sap) ha fatto addirittura di più invitando il ministro Alfano a minacciare addirittura una crisi di governo se il provvedimento fosse passato senza le modifiche richieste. Che puntano a riscrivere da capo la norma sull’uso illegittimo della forza pubblica: sia dal lato dell’elemento oggettivo e cioè a quali condizioni possa essere contestata la tortura in caso di condotte violente che provochino sofferenze acute. Sia dal lato soggettivo, l’intenzionalità di infliggerle per ottenere da una persona informazioni o confessioni, o per punirla per motivi basati su qualsiasi forma di discriminazione.
BARRICATE IN ARRIVO Il Sap ieri ha manifestato per tutto il giorno di fronte al Senato. E alla fine della giornata grida vittoria e rilancia. “Ci siamo riusciti – scrivono via Fb – , abbiamo fatto un altro passo in avanti nella battaglia contro l’inserimento del reato di tortura nell’ordinamento italiano. Abbiamo mobilitato migliaia di colleghi e acquistato pagine sui maggiori quotidiani italiani (Il Tempo, Il Giornale, Libero, Qn). Abbiamo fatto sit-in davanti Montecitorio, inviato delegazioni a Palazzo Madama e ricordato al Ministro dell’Interno le sue responsabilità: la difesa primaria dei ‘suoi’ uomini. Alla fine ce l’abbiamo fatta: siamo riusciti a indurre i senatori a far slittare il voto sul ddl tortura”. E ancora: “Non ci fermeremo qui, affatto. Continueremo, se dovesse servire, a difendere tutte le donne e gli uomini della Polizia di Stato, a fare le barricate contro il partito dell’Anti-Polizia e contro tutti i finti buonisti e gli ipocriti che, per un momento di celebrità, affossano l’operato di chi, giorno dopo giorno, con coraggio e passione, serve il proprio Stato. Adesso il Ministro dell’Interno ci dica da che parte sta. Intanto, questo è un primo passo verso la vittoria”