Magistrati, militari, giornalisti, ora anche insegnanti e i rettori: in migliaia sono stati epurati e arrestati dopo il fallito golpe dello scorso 15 luglio. E il presidente, con la riforma del sistema dell'Istruzione nel 2012, ha dato un forte impulso agli istituti coranici. Che dal 2003 (anno in cui l'attuale presidente diventava premier) al 2014 sono passati da 84.898 a 546.433
C’è un filo rosso che collega la colossale epurazione, in corso in questi giorni in Turchia dopo il fallito golpe di venerdì notte, e i fatti politici degli ultimi anni avvenuti al di là del Bosforo. Come se i nomi delle quasi 60mila persone arrestate, interdette o sollevate dai pubblici uffici dopo lo scorso 15 luglio, fossero già custoditi in una lista pronta. Nella battaglia tra il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, e i sostenitori di Fethullah Gulen, ritenuto dall’Akp il regista del golpe al Sultano di venerdì, cadono le teste di dipendenti pubblici, insegnanti, militari, rettori. E più avanza la repressione, più si rinvigorisce il conservatorismo di matrice islamica nel Paese, a partire dalla riforma della scuola, orientata verso l’islamizzazione dell’istruzione. E in piazza Taksim, celebre per le manifestazioni civili di dissenso per Gezi Park, campeggiano le bandiere con il volto di Erdogan, là dove una volta c’era quello del padre della patria, Ataturk. Per strada, i lealisti islamisti sventolano i loro vessilli rossi, viaggiando su auto coperte con la bandiera con la mezzaluna.
Il golpe dello ‘stato-parallelo’ arriva quando si stava per riunire il Consiglio Superiore Militare, che avrebbe deciso di espellere i membri del movimento gulenista presenti all’interno delle forze armate nei prossimi giorni. Il governo da mesi chiede ai militari di intervenire contro i fedeli dell’imam in esilio volontario negli Usa, perché forte è il sospetto sulla possibilità di azioni di sabotaggio del Paese.
I numeri della repressione di Erdogan – In base ai dati diffusi dai ministeri di Giustizia e Interno, dall’ufficio del primo ministro, dall’agenzia di stampa ufficiale Anadolu e dalla Dogan, insieme alle notizie dell’emittente Ntv, sono 29.464 i dipendenti pubblici sospesi, compresi poliziotti e uomini delle forze di sicurezza; 21mila docenti di scuole private si sono visti revocare l’abilitazione all’insegnamento; 7.899 soldati sono detenuti, tra il mezzo milione di militari e riservisti turchi, mentre sono 103 i generali e gli ammiragli arrestati; 950 i civili arrestati. Sale dunque a 9.322 il totale delle persone finite alla sbarra con l’accusa di tradimento, o per sospetti legami con la rete legata a “Feto, cane del diavolo” (così è chiamato Gulen). Nel mirino sono finiti anche i 1.577 rettori di tutte le università pubbliche e private turche, sollevati dai loro incarichi, le cui dimissioni sono state chieste dal Consiglio per l’educazione superiore. Il Consiglio supremo radiotelevisivo della Turchia (Rtuk) ha poi annullato le licenze a “tutte le emittenti di radio e televisione che hanno dato sostegno ai cospiratori golpisti”. Una decisione che si presta a una pericolosa interpretazione estensiva, nonostante il decreto non nomini esplicitamente alcun media.
La scure si è abbattuta anche sulla magistratura: sono 2.754 i giudici fatti dimettere dopo il fallito golpe, su un totale di 66.260 impiegati in 78 associazioni legate all’ordine degli avvocati nazionale. Di questi 755 sono stati arrestati per ordine del Consiglio supremo dei giudici e dei procuratori turchi. Sospesi 30 prefetti su 81, oltre a 47 governatori di distretti provinciali.
Tra i dipendenti pubblici sospesi ci sono tra gli altri: due collaboratori del presidente; 257 dipendenti dell’ufficio del primo ministro; 100 persone dello staff del Mit, l’intelligence turca; 2.745 membri della magistratura, tra i quali due giudici della Corte Costituzionale; 1.500 impiegati del ministero della Finanze; 15.200 dipendenti del Ministero dell’Istruzione; 393 impiegati del ministero della Famiglia e degli Affari sociali; 492 dipendenti della Direzione per gli Affari religiosi. Numeri alla mano, su 78.741.053 abitanti, con un’età media di 31 anni, tra il 2015 e il 2016 erano 302.961 gli insegnanti della scuola primaria per una popolazione studentesca di 5.360.703, impiegati su 26.522 scuole; sono inoltre 5.211.506 gli studenti di scuola secondaria di primo grado, che frequentano 17.343 scuole, seguiti da 322.680 docenti; infine sono 5.807.643 gli studenti delle scuole superiori, per 10.550 scuole e 335.690 insegnanti. Dati importanti, ricavati dal sito ufficiale del Turkish Statistical Institute, che danno la misura di quanto, con le ultime epurazioni, cambi il sistema scolastico turco.
La riforma della scuola rafforza le scuole coraniche – Ma la morsa di Erdogan sembra avere radici ben più profonde, tanto che le epurazioni sono l’ultimo drammatico colpo di coda di un Sultano che prova a legittimare il suo potere attraverso la repressione in tutti i settori della società civile. A dare la dimensione di quanto sta accadendo in queste ore aldilà del Bosforo c’è anche la riforma del sistema scolastico approvata nel 2012, con la quale Erdogan ha favorito l’insediamento degli istituti coranici e l’introduzione dell’ora facoltativa di religione musulmana a scuola. Il sistema scolastico turco si struttura ora con la formula del 4+4+4, prolungando da otto a 12 anni la durata della scuola dell’obbligo. E’ nel frazionamento dei tre cicli in quattro anni che i laici hanno intravisto il pericolo dell’esodo da una parte verso il lavoro minorile e dall’altra verso gli “Imam Hatip Lisesi”, scuole religiose islamiche dove si è formato lo stesso Erdogan.
Una riforma che non era stata salutata con favore dai laici del partito di Kemal Kilicdaroglu, leader del Chp, e la cui approvazione era stata preceduta da manifestazioni: circa duemila persone erano scese in piazza per schierarsi contro la riforma, represse poi dalla polizia con lacrimogeni e idranti. Non erano mancate le risse in Parlamento, nella litigiosità che caratterizza l’agone politico turco.
La crescita del numero degli “Imam Hatip Lisesi” giustificherebbe una maggiore tendenza verso l’islamizzazione del sistema scolastico in Turchia. Il Parlamento, con la riforma del 2012, ha abolito il corso obbligatorio di ‘sicurezza nazionale’ somministrato dai militari nelle scuole superiori, così come la cerimonia di giuramento nelle scuole elementari. In base ai dati forniti da alcuni studi recenti, solo dal 2003 (anno in cui Erdogan sale al potere come Primo Ministro) al 2014 si passa da 84.898 imam-hatip, su 3.587.436 studenti totali che frequentavano le scuole superiori, a 546.433 nel 2014, con una popolazione studentesca quasi raddoppiata e pari a 5.691.071 studenti in età adolescenziale.
In percentuale, dopo l’arrivo dell’Akp al potere, il numero degli studenti frequentanti le imam-hatip è cresciuto del 9,6%. L’islamizzazione della società turca si percepisce in queste ore anche a seguito del rinvigorirsi dell’azione della Direzione per gli affari religiosi, la Diyanet, massima istituzione sunnita del paese, sotto il controllo statale, che assegna gli imam alle moschee e redige i sermoni del venerdì. Fino a gennaio scorso, in Turchia vigeva il rilascio della carta d’identità con le indicazioni cromatiche con distinzione tra uomo e donna (rispettivamente blu e rosa) e quelle sulla religione di appartenenza.
Il precedente: il colpo di Stato di Evren – L’ultimo colpo di Stato in Turchia, per repressione, ricalca e probabilmente supera i numeri del golpe militare di Evren del 1980: in quell’occasione, circa 30mila persone furono arrestate nelle prime settimane dopo il golpe. Nonostante i dati disponibili fossero confusi all’inizio, si ha la certezza che un anno dopo dalla presa del potere del generale Evren fossero 25mila le persone ancora nelle mani dei golpisti e, dopo due anni, 10mila quelle ancora in custodia, alcune delle quali senza essere state formalmente accusate davanti a un Tribunale.
L’immagine della Turchia a livello internazionale soffrì allora di una cattiva reputazione: arresti arbitrari, repressione politica, violazione dei diritti umani e torture hanno fatto sì che l’Unione Europea interrompesse l’assistenza finanziaria alla Turchia. Molto simile a quanto accade ora, quando, a poche ore dal golpe del 15 luglio, la Commissione Europea ha deciso di interrompere il rilascio dei visti ai turchi in ingresso in Unione Europea, di fronte alla repressione, chirurgica quanto massiva, con cui Erdogan sta lasciando dietro di sé una striscia di terrore e di caccia alle streghe.