Trentanove cadaveri sono stati recuperati al largo delle coste libiche, giovedì 21 luglio, nell’ambito di due diverse operazioni di soccorso. Ventidue, di cui ventuno donne, sono stati ritrovati dalla nave Acquarius di Medici senza frontiere, impegnata in operazioni di soccorso nel Mediterraneo. Altre diciassette persone senza vita sono invece state rinvenute dalla nave militare irlandese James Joyce, inviata dalla centrale operativa di Roma della Guardia Costiera a soccorrere un barcone di legno in difficoltà. I corpi delle vittime, tutte di sesso maschile in questo caso, sono stati trovati nella stiva dell’imbarcazione, dove i soccorritori hanno guardato su suggerimento degli altri migranti.

La nave di Medici senza frontiere ha tratto in salvo 209 migranti (177 uomini e 32 donne), tra cui 2 donne incinte e 50 bambini, di cui 45 non accompagnati, e dovrebbe arrivare domani nel porto di Trapani. Mentre la nave irlandese ha recuperato 452 migranti.

Rimangono ancora da chiarire molti aspetti. Soprattutto le cause della morte. Jens Pagotto, capo missione di Medici senza frontiere per le operazioni di ricerca e soccorso ha spiegato che “quando la nostra équipe si è avvicinata al primo gommone, ha visto dei cadaveri che giacevano sul fondo dell’imbarcazione in una pozza di carburante. I sopravvissuti hanno passato diverse ore a bordo con i cadaveri. Molti di loro sono troppo traumatizzati per riuscire a raccontare quanto accaduto. Non è ancora chiaro come queste donne siano decedute”. Sulla James Joyce la causa del decesso – secondo le prime informazioni – potrebbe essere stata invece un’asfissia provocata dai gas di scarico del motore del barcone.

Oggi sono stati complessivamente 1.128 i migranti tratti in salvo nello Canale di Sicilia nel corso di 8 distinte operazioni di soccorso, tutte coordinate dalla Guardia Costiera. I migranti, oltre che sul barcone con i cadaveri, si trovavano a bordo di cinque gommoni e due piccole imbarcazioni. Sono intervenute nelle operazioni Nave Grecale della Marina Militare, inserita nell’operazione “Mare Sicuro”, la nave Enterprise di Eunavformed, la nave militare irlandese James Joyce e la nave Sea Watch 2 dell’omonima Organizzazione non governativa.

“Anche in questa occasione quando siamo arrivati per effettuare le operazioni di soccorso, due dei gommoni erano già sgonfi su un lato e avevano cominciato ad imbarcare acqua”, ha spiegato Kim Clausen, coordinatore delle operazioni di Msf sulla Bourbon Argos. “Le imbarcazioni si trovano ad affrontare il mare in condizioni sempre più precarie, con pochissimo carburante, acqua e cibo a disposizione: la capacità di resistenza è di solo poche ore. Nelle ultime settimane, per evitare tragedie in mare, ci siamo trovati ad effettuare salvataggi in zone sempre più vicine alle acque libiche”.

“Quello che è chiaro è che questa perdita di vite non era necessaria ed è il risultato di una risposta globale insufficiente e inadeguata a questa crisi” ha aggiunto Pagotto. “Le politiche attuali, che puntano a tenere le persone lontane, non stanno funzionando. Quante altre vite dobbiamo perdere in mare prima che le persone che necessitano di assistenza e protezione abbiano un’alternativa più sicura?”, ha concluso.

(Foto di archivio)

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