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Temptation Island, perché il tradimento è diventato “cheap”

Tradire, adesso, non è più soltanto un triste espediente borghese per sentirsi vivo, ma anche una delle cose più cheap che si possano fare. Non c'entra nulla la morale cattolica, in quello che stiamo dicendo

La polemica di Domenico Naso

Che il tradimento di coppia fosse un fenomeno borghesuccio era cosa nota. False “botte di vita” in esistenze spesso piatte e frustrate, con uomini e donne alla ricerca di uno straccio di autostima e di adrenalina. Con Temptation Island, il programma estivo in cui alcune coppie mettono alla prova (fallendo sovente) il loro amore, il tradimento è stato istituzionalizzato televisivamente e soprattutto è passato da una sfera privata (e indicibile) a una decisamente più pubblica, visto che il tutto è ripreso dalle telecamere.

Tradire, adesso, non è più soltanto un triste espediente borghese per sentirsi vivo, ma anche una delle cose più cheap che si possano fare. Non c’entra nulla la morale cattolica, in quello che stiamo dicendo. Capita di tradire, non c’è dubbio, e non deve esserci giudizio morale. Anche perché al “finché morte non ci separi” non ci crede più nessuno. Il problema del tradimento alla Temptation Island è che viene dato in pasto al pubblico come elemento di intrattenimento televisivo, diventa il solito espediente trash da utilizzare per accalappiare un pubblico sempre più voyeur e morboso.

È roba da borgatari, da ragazzotti abbronzati e pompati che cercano nella conquista fuori dal rapporto una sorta di compensazione insicurezze sempre più evidenti. E lo stesso vale per le ragazze, che soprattutto in questa ultima edizione del programma stanno dimostrando di non essere affatto diverse dai loro fidanzati. Non che il tradimento borghese pre-televisivo fosse migliore, sia chiaro: il fatto che venisse tenuto nascosto non lo rendeva meno cheap, ma solo più ipocrita. Era il solito si fa ma non si dice, era il salvare le apparenze e fingere che la vita di coppia andasse alla grande, salvo poi raggiungere l’amante alla prima occasione disponibile.

Ora è tutto visibile in televisione: gli approcci goffi, i mezzucci da vitellone “de noantri” che fanno ridere amaro e fanno soprattutto provare tanta vergogna, i baci rubati, le dichiarazioni d’amore dopo pochi giorni di frequentazione, altra prova evidente di una immaturità sentimentale che è senza dubbio segno dei nostri tempi. Il tradimento è diventato ancora più squallido del solito, perché è spesso parte di una strategia televisiva alla ricerca del successo. Così come è sintomo di una superficialità dei rapporti senza precedenti. Fondamentalmente, prima tradivamo per due motivi: amore o soddisfacimento di urgenze fisiche. La storia del “pelo” in salita che tirava più di un carro di buoi in discesa è ancora valida, per carità, ma ha dovuto lasciare spazio anche a motivazioni più psicologiche e caratteriali. C’è un disperato bisogno di autostima, tra i giovani d’oggi. E sapere che una ragazza o un ragazzo, magari fighi da morire, cedono alle nostre lusinghe ci fa sentire persone migliori. Pazienza se dobbiamo farlo in tv, pazienza se umiliamo pubblicamente il partner: sono prezzi da pagare alla società del reality (o presunto tale).

Il tradimento a microfono acceso ha sostituito le tradizionali corna faticosamente conquistate con fughe notturne, bugie, fasulli impegni di lavoro, hotel di quart’ordine o, peggio, incontri fugaci in un parcheggio, in macchina, con la leva del cambio a ostacolare persino i movimenti basilari. Probabilmente non era migliore di oggi, quel tradimento ipocrita e un po’ squallido. Ma nemmeno peggiore, perché partecipare a un reality show televisivo per cornificare il partner è una delle cose più squallide, cheap e volgari che esistano al mondo.

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