Stretta sui diritti umani, giornalisti arrestati e altre epurazioni. Il contro-golpe di Recep Tayyip Erdogan non conosce sosta e ogni giorno si arricchisce di nuovi provvedimenti. L’ultimo in ordine di tempo è stato annunciato dal vice premier Numan Kurtulmus alla CnnTurk: sospensione della Convenzione europea dei diritti umani. Con una precisazione che, specie alla luce dell’attacco di ieri in diretta tv contro Parigi, non è sembrata casuale: “Già lo fece la Francia“, il 1° dicembre 2015, a seguito della dichiarazione dello stato d’emergenza dopo la strage di Parigi del 13 novembre. Kutulmus, poi, ha aggiunto che “l’esecutivo spera di poter revocare lo stato di emergenza già dopo 40-45 giorni”. E annunciato: “Rivedremo la struttura organizzativa dell’intelligence e le relazioni tra civili e militari”. Il motivo? “Ci sono debolezze – ha detto il vice premier – sia a livello individuale che organizzativo, debolezze nella struttura dello Stato. Il diritto di riunirsi e di manifestare non verrà cancellato. Non è previsto alcun coprifuoco e non ci sarà alcun passo indietro nel progresso democratico“.
Nel frattempo, però, Erdogan è tornato a colpire gli oppositori, presunti o reali, nel mondo della cultura e dei media. La polizia di Istanbul ha arrestato Orhan Kemal Cengiz, noto giornalista e avvocato per i diritti umani, insieme alla moglie Sibel Hurtas, anche lei una reporter. Nei giorni scorsi, il nome di Cengiz era apparso in una “black list” di decine di giornalisti, diffusa da un account Twitter a sostegno del presidente Recep Tayyip Erdogan ma la cui esistenza non è stata confermata da nessuna fonte attendibile. Le autorità turche hanno sospeso, inoltre, 29 membri dell’Autorità di controllo sui media (Rtuk) e ha impedito loro di lasciare la sede dell’ente. Secondo Hurriyet Daily News, il numero di sospensioni all’interno del Consiglio supremo della radio e della televisione aumenterà, come parte delle purghe iniziate dopo il golpe fallito.
Le epurazioni continuano a riguardare anche l’apparato dello Stato. La conferma nelle ultime ore, quando sono stati arrestati almeno altri 32 giudici con l’accusa di legami con la rete di Fethullah Gulen. Quest’ultimo è stato accusato da Ankara del fallito golpe. La notizia dell’arresto è stata riportata dall’agenzia statale Anadolu, dalla quale si apprende che in manette sono finiti anche altri 2 militari. Ieri sera, prima di annunciare lo stato d’emergenza per 3 mesi, il presidente Erdogan aveva fissato a 9.002 il numero degli arresti già effettuati. Un numero destinato a crescere ancora. E mentre Erdogan blinda il Paese, emergono nuovo particolari su quanto accaduto nella notte di venerdì 15 luglio.
Su Ankara continuano a piovere le critiche della comunità internazionale. La reazione di Ankara al fallito golpe “è inaccettabile“, ha detto il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni a margine della Conferenza ministeriale della coalizione globale anti-Isis in corso a Washington, dove ha rinnovato “l’invito al governo e alle autorità turche a contenere questa reazione nell’ambito del rispetto delle regole e dello stato di diritto”.
“Intelligence russa avvertì i servizi turchi”
Gli 007 di Mosca avvertirono avvertì i ‘colleghi’ turchi del tentativo di golpe contro Erdogan, in seguito ad alcune intercettazioni raccolte dall’esercito russo nella regione, probabilmente dalla sua base aerea a nord di Latakia in Siria. Lo scrive l’agenzia iraniana Fars, citando non specificati media arabi. Questi ultimi avrebbero appreso la notizia da alcune fonti diplomatiche ad Ankara. Da quanto si apprende, l’esercito russo avrebbe captato comunicazioni altamente sensibili e intercettato messaggi radio in codice che rivelavano l’imminente tentativo di golpe, e in particolare l’invio di vari elicotteri militari nell’albergo dove si trovava Erdogan per catturarlo o ucciderlo. Ad aver infiammato gli animi dei vari stati stranieri che hanno sostenuto l’organizzazione del golpe, sarebbe stato il nuovo corso in politica estera annunciato pochi giorni prima da Erdogan, compreso il cambio di rotta sulla crisi siriana e il presidente Assad. A riferirlo sono le stesse fonti diplomatiche che, allo stesso tempo, definiscono il cambio di corso come ciò che “ha salvato” il presidente, in quanto non è detto che sarebbe stato altrimenti aiutato dalla intelligence russa. Il Cremlino, tuttavia, non conferma: “Non abbiamo informazioni di questo tipo e non sappiamo a quali fonti faccia riferimento l’agenzia Fars” ha dichiarato il portavoce di Putin, Dmitri Peskov.
Austria convoca ambasciatore turco
L’Austria ha nel frattempo convocato l’ambasciatore della Turchia, affinché spieghi i legami di Ankara con le manifestazioni, avvenute a Vienna, a supporto del presidente Erdogan. Lo ha riferito il ministro degli Esteri austriaco Sebastian Kurz a radio Orf, spiegando che all’ambasciatore verrà chiesto se i funzionari turchi abbiano incoraggiato migliaia di persone a scendere nelle piazze austriache dopo il tentativo di golpe. “Vogliamo capire – ha aggiunto il ministro – quale direzione la Turchia intenda prendere”. Secondo Kurz ci sono le prove che le manifestazioni siano state esortate direttamente dalla Turchia e questo sarebbe “assolutamente insostenibile, noi protestiamo” ha concluso il ministro austriaco.
“Esercito ha provato a precettare Lupi grigi. Inutilmente”
Levent Turkkan, luogotenente colonnello e consigliere del capo di Stato Maggiore, ha provato a portare dalla sua parte Devlet Bahceli, leader del partito ultranazionalista Mhp e braccio politico dei cosiddetti “Lupi grigì“. A rivelarlo è stato il vice segretario del partito, Semih Yalcin; secondo quest’ultimo, Turkkan (il quale ha ammesso di far parte della rete di Fethullah Gulen), ha telefonato a Bahceli nella notte del 15. Durante la telefonata lo avrebbe rassicurato sulla situazione, definendola “sotto controllo”, per poi persuaderlo a sostenere il golpe. Secondo il racconto di Yalcin, Bahceli non ha creduto alle parole dei golpisti rispondendo “questo è inaccettabile”. Il leader ultranazionalista ha in seguito chiamato il premier Yildirim, per schierarsi pubblicamente contro il golpe. A riportare la notizia è stato il quotidiano filo-governativo Sabah.
Intanto un tribunale greco ha condannato a due mesi di carcere gli otto militari turchi fuggiti ad Alexandroupoli, nel nord del Paese, il giorno dopo il fallito colpo di Stato in Turchia. Gli otto sono stati riconosciuti colpevoli di essere entrati illegalmente in Grecia. Gli otto – due maggiori, quattro capitani e due sergenti – temono per la loro sicurezza e per quella dei loro familiari, ha detto uno degli avvocati difensori, Ilia Marinaki. I militari hanno fatto richiesta di asilo politico in Grecia per evitare l’estradizione in Turchia, ma per conoscere se la decisione delle autorità competenti si dovrà attendere agosto.