Rosario Cavallo, responsabile del gruppo di ricerca sulla materia dell’Associazione culturale pediatri: "La prevenzione risente della mancanza di unitarietà: i cittadini si chiedono perché sottoporre i figli a vaccinazioni ritenute non obbligatorie in altre regioni”. E in alcune parti del Paese anche quelle solo raccomandate vengono fornite gratuitamente attraverso i Lea
Regole diverse da regione a regione, amministratori pubblici che ordinano provvedimenti e amplificano le differenze, genitori in preda a un sistema sanitario che permette la confusione geografica e scientifica. E, di fatto, amplifica il sospetto di favori alle lobby dei farmaci. Perché nella obbligatorietà o meno delle vaccinazioni per i bambini l’unica certezza è che finora non c’è stata certezza. Dopo la presentazione da parte del ministro Beatrice Lorenzin dei nuovi Lea (Livelli essenziali di assistenza) che hanno incassato il parere favorevole della Conferenza delle Regioni, arriva il Documento approvato all’unanimità dal Consiglio nazionale della Federazione nazionale degli Ordini dei medici, che ha annunciato “procedimenti disciplinari per medici che sconsigliano i vaccini”. Una posizione netta quella della Federazione, con l’intento “di ricomporre la frattura tra scienza e società”. Ma finora in Italia hanno regnato i provvedimenti a macchia di leopardo, che hanno contribuito ad alimentare la confusione. “In questo modo è stata minacciata la credibilità di un sistema, con conseguenze gravi sulla prevenzione”, ha spiegato a ilfattoquotidiano.it Rosario Cavallo, responsabile del gruppo di ricerca sui vaccini dell’Associazione culturale pediatri. Secondo cui l’unica strada percorribile è quella di un piano vaccini “con le stesse regole per tutti”. Ma l’applicazione dei Lea dipende, inevitabilmente, anche dalle risorse economiche a disposizione dei territori.
IL CALO DELLA COPERTURA – L’obbligo vaccinale in Italia introdotto alla fine dell’Ottocento in Italia ha portato con il tempo a raggiungere una copertura elevata, per alcune malattie anche superiore al 95%. Vent’anni fa il cambio di rotta, con la revoca delle sanzioni per i genitori che non facevano vaccinare i proprio figli e la possibilità che questi ultimi potessero frequentare le scuole. Poi ci sono stati gli scandali, le campagne anti-vaccini, le inchieste. E il numero dei bambini vaccinati è ulteriormente calato. Di poche settimane fa l’ultimo allarme lanciato dall’Istituto Superiore di Sanità. Secondo i dati dell’istituto e del ministero della Salute, le coperture vaccinali per malattie come poliomielite, tetano, difterite ed epatite B oggi sono al di sotto del 95% (la soglia di sicurezza) e scendono sotto l’86% per morbillo, parotite e rosolia.
COSA DICE LA LEGGE ITALIANA – Le vaccinazioni obbligatorie gratuite, in Italia, sono quattro: per la difterite, la poliomielite, il tetano e l’epatite B. In realtà, però, la Società italiana di pediatria consiglia all’inizio del terzo mese la vaccinazione con l’esavalente (che è di fatto l’unica disponibile nelle Asl). Questa comprende, oltre alle quattro obbligatorie, anche quelle per la pertosse e le infezioni invasive da Haemophilus influenza. Poi ci sono le altre raccomandate: morbillo, varicella, rosolia, parotite, meningococco C, pneumococco, influenza e papillomavirus. Sono tutte a pagamento? In alcune regioni anche i vaccini raccomandati vengono forniti gratuitamente attraverso i Lea e questo ha provocato nel tempo enormi differenze da una regione all’altra del Paese. Pochi giorni fa il ministro Lorenzin ha presentato i nuovi Lea, con l’introduzione di altri vaccini (come anti-papillomavirus, anti-pneumococco, anti-meningococco) e l’estensione di alcuni di essi a nuovi destinatari. Quello per il Papillomavirus, ad esempio, verrà erogato anche agli adolescenti maschi. La Conferenza delle Regioni ha dato il proprio parere favorevole, pur chiedendo un’ulteriore valutazione di copertura finanziaria. L’approvazione dei Lea è stata abbinata a quella del nuovo piano, bloccato da mesi.
I PEDIATRI: “LE DISUGUAGLIANZE MINANO LA CREDIBILITÀ – A lanciare l’allarme sulle differenze tra una regione e l’altra è anche l’Associazione culturale pediatri che chiede da tempo l’istituzione di un sistema vaccinale unico definendo quello attuale un ‘sistema arlecchino’. “Il grave problema – spiega a ilfattoquotidiano.it Rosario Cavallo – è che in Italia esistono 22 sistemi sanitari diversi che possono differire in piccola parte in alcuni casi, ma anche in misura più rilevante”. Non senza conseguenze. “La mancanza di unitarietà – aggiunge – porta i cittadini a domandarsi perché dovrebbero sottoporre i figli a vaccinazioni ritenute non obbligatorie in altre regione”. Per Cavallo l’effetto è un “vulnus di credibilità del sistema prima ancora che legislativo”. E continua: “L’intervento da parte dell’ordine dei medici ci sembra meritorio, perché l’obiettivo è sanare una situazione compromettente dal punto di vista scientifico”. Il deficit più grave ad oggi? “La copertura media nazionale per morbillo e pertosse, vaccini entrambi mai resi obbligatori”. L’obiettivo numero uno per Cavallo è “un piano unico nazionale che faccia riferimento a un’agenzia di controllo al di sopra di ogni sospetto, che operi con la massima trasparenza”.
PUGNO DURO, MA A MACCHIA DI LEOPARDO – Tra le proposte avanzate dalla Federazione nazionale degli Ordini dei medici anche quelle di “prevedere l’impossibilità per i figli di frequentare la scuola durante i periodi epidemici, il divieto di iscrivere i bambini all’asilo nido, ed eventualmente l’assicurazione contro danni da mancata vaccinazione”. E proprio sulla questione dell’ingresso a scuola negli ultimi mesi ci sono state diverse polemiche a causa di provvedimenti locali che rischiano di creare ulteriori differenze tra diverse aree geografiche del Paese, oltre a quelle finora provocate dai diversi sistemi di assistenza. Un esempio è stato il divieto d’ingresso negli asili nodo dei bambini non vaccinati contenuto nella proposta di legge presentata dal governatore dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini e che dovrebbe essere introdotto dall’anno 2017-2018. Provvedimenti simili, però, si stanno valutando anche in Lombardia, Toscana e Marche.