Per la presidenza del Consiglio un imprenditore può dare un capannone come garanzia totale di un debito. Ma il provvedimento dice l’esatto contrario. Facendo confusione con il decreto Mutui. E creando il rischio di aprire contenziosi. Il senatore Vacciano presenta un’interrogazione per avere chiarezza. Almeno nella comunicazione
Un errore di comunicazione che può costare caro. Con il comunicato stampa del governo che spiega la legge in maniera errata. Creando confusione. E il rischio di aprire contenziosi con gli imprenditori, facendo spendere soldi pubblici per le cause intentate. Il decreto Banche finisce ancora una volta sotto la lente di ingrandimento per il suo contenuto. E Il senatore del gruppo Misto, Giuseppe Vacciano, ha presentato un’interrogazione per ottenere una risposta ufficiale, dopo i numerosi tentativi di chiarimento cercati con il governo.
PASSAGGIO OSCURO – Ma qual è l’intoppo? Il provvedimento prevede l’esecutività del Patto Marciano: la clausola “contempla la possibilità che – nel caso di finanziamento con garanzia di un bene immobile (che non deve essere la residenza dell’imprenditore) – le parti possano stipulare un contratto di cessione del bene stesso che diviene efficace in caso di inadempimento del debitore”, spiega il comunicato di Palazzo Chigi. Inoltre, “qualora il valore del bene sia inferiore al debito residuo, il debitore non dovrà corrispondere nulla al creditore”. Il bene immobile garantirebbe quindi l’intero prestito. Ma la legge non contempla questo passaggio. Anzi prevede l’opposto. Perché il passaggio citato fa parte di un altro provvedimento, il decreto mutui, che interviene sui debiti dei cittadini, non su quelli degli imprenditori, verso le banche. Una situazione intricata che mette in una condizione di svantaggio gli imprenditori. “Il patto Marciano sarebbe come un patto tra gentiluomini. Io imprenditore so a cosa vado incontro, mettendo un bene a garanzia”, spiega Vacciano a ilfattoquotidiano.it, contestando il senso della norma applicata agli imprenditori. “Così come è congegnato, l’imprenditore perde il bene e resta con parte del debito. È una cosa devastante dal punto di vista personale, che favorisce la parte forte, quella creditizia, perché sicuramente non si aiuta l’imprenditore”. Ma per il governo va bene così: per i cittadini è prevista una legge, per le imprese un’altra. “Non può essere condivisibile l’associazione dei due istituti tra debitori privati cittadini e debitori impresa”, ha detto il relatore del decreto, Karl Zeller.
QUESTIONI DI FEDE – Vacciano ha rilanciato anche un altro problema: nel comunicato stampa ufficiale di Palazzo Chigi – il numero 115 – c’è la formulazione sbagliata. Così chi legge il testo può essere tratto in inganno, anche se “fa fede l’articolato della legge”, ricorda Vacciano. “In via informale mi hanno parlato di un errore nel comunicato. Per quale motivo non si provvede a correggerlo?”, si chiede il senatore. “Io – conclude – ho sollecitato la pubblicazione un nuovo comunicato con lo stesso risalto mediatico per garantire un’ampia diffusione. Ma non ho avuto risposta. Aver scritto una cosa, e prevederne un’altra è forse l’aspetto peggiore di questa vicenda. Insomma, se proprio vogliono mantenere il provvedimento così, è giusto almeno rettificare il comunicato”.