Gli esecutivi che stanno gestendo il Brexit, lo stato d’emergenza in Francia e il golpe in Turchia hanno un problema comune: la Corte europea dei diritti dell’uomo. Indipendentemente dalla reputazione internazionale dei paesi in questione sul tema della civiltà giuridica – e nel caso di Regno Unito, Francia e Turchia abbiamo una casistica riccamente assortita – il tribunale di Strasburgo è diventato negli anni un vero e proprio incubo per i governi più o meno autoritari del vecchio continente allargato. Tutti sembrerebbero fare a gara per sbarazzarsene oppure ridimensionarlo. Il suo difetto? Funziona bene, anzi benissimo.
Questo concetto viene ribadito nel divertente sketch di Patrick Stewart, ‘what has the Echr ever done for us?’: “Noi inglesi abbiamo pensato questa convenzione per l’Europa, per proteggere i cittadini dagli abusi del potere statale”. E in effetti ha ragione, l’avevano pensata proprio per un continente ancora in analisi a causa del tremendo shock della guerra; chi avrebbe potuto immaginare che meno di 70 anni dopo, quel tribunale istitutto nel ’59 affinché nessun governo europeo potesse fare coriandoli dei diritti fondamentali, potesse essere, quasi, additato come la causa delle disgrazie (troppe garanzie)? E’ difficile immaginare che il Brexit sia stato, sostanzialmente, l’escalation di una campagna populista iniziata contro la Corte europea per i diritti dell’uomo. Eppure, per quanto possa sembrare assurdo, tutto è iniziato proprio lì: prima delle bordate sulla libera circolazione, l’ossessione populista britannica era proprio per la perduta “sovranità giudiziaria” a causa dello Human Rights bill, di laburista memoria. Theresa May lo ha ripetuto, per chi si fosse perso le perle di Cameron sul tema: “La Corte di Strasburgo può legare le mani al Parlamento, aggiungere nulla alla nostra ricchezza, renderci più insicuri e addirittura impedire l’espulsione di pericolosi criminali stranieri”. In breve, i diritti umani di casa nostra, possiamo gestirli da noi.
E invece, come ricorda bene il Guardian, l’Echr non ha solo modellato il diritto britannico ma favorito il progresso civile, dichiarando violazione dei diritti umani il trattamento subito dai militanti dell’Ira, favorendo l’emancipazione del movimento gay ed estendendo ai detenuti il diritto di voto; bloccando l’espulsione di alcuni richiedenti asilo ed esaminando i comportamenti dell’esercito britannico in Iraq. Un vero e proprio faro per la democrazia, a differenza di quanto sostiene Theresa May, che non vede l’ora di sbarazzarsene. Su questo, in fondo, trova una significativa sponda nel governo di Francois Hollande che almeno 8 mesi prima di Erdogan, aveva sospeso la giurisdizione della corte in Francia: in base all’art.15 della Convenzione europea, in caso di guerra o di “emergenza” lo Stato membro può infatti chiedere una deroga alla giurisdizione.
La Francia, ha depositato la sua richiesta presso la cancelleria di Strasburgo lo scorso dicembre con la motivazione che la legislazione d’emergenza approvata dopo i fatti di Parigi, sarebbe in contrasto con alcune tutele garantite dall’Echr. Brutto segnale, no? I Tories vogliono affogare la Convenzione perché impedisce espulsioni senza regole né tutele, Hollande perché le indagini anti-terrorismo hanno un grado di fallibilità elevato, ed il rischio per il governo francese di dover rendere conto a migliaia di innocenti, vittime di errori, appare fin troppo evidente. Human Rights Watch aveva già espresso le sue perplessità e infondo la cronaca dei primi mesi d’emergenza ha materializzato tutte i timori degli osservatori: perquisizioni senza mandato, detenzione basata sul sospetto e chiusura arbitraria di siti web si sarebbero diffusi a macchia d’olio in Francia. Le ragioni sono l’emergenza, certo, ma non è grottesco che la violazione “legalizzata” di alcuni diritti umani, venga perpetrata proprio con la motivazione di tutelarli?
Unica consolazione è che alcuni principi fondamentali dell’Echr, tra i quali il divieto di reintrodurre la pena di morte, non possono essere sospesi finché si è parte della Convenzione. In questo senso, quindi, la decisione presa da Erdogan di schiacciare il bottone dell’art.15 come ha già fatto la Francia, non va nella direzione di consentire al governo di approvare la reintroduzione della pena capitale: qualora il Parlamento dovesse votare in questo senso, la Turchia si autoescluderebbe dall’assemblea di Strasburgo. Entrambi gli Stati avevano già sospeso la giurisdizione della Corte in passato e Ankara, almeno in un’occasione, aveva dovuto giustificare il ricorso all’art.15
La mossa di Erdogan, certamente, fa più rumore di quella analoga di Hollande. Ma quest’ultima e l’eventuale uscita del Regno Unito anche dalla giurisdizione di Strasburgo rischiano di essere precedenti molto pericolosi anche per l’Italia. Un esempio? Proprio oggi sono 15 anni dalla macelleria messicana della Diaz: ad oggi, l’Echr rimane l’unico tribunale ad aver emesso una sentenza di condanna per tortura in merito a quei fatti.