Il prezzo finale si è attestato a 3,3 euro per azione, a metà della forchetta. L'incasso per lo Stato potrebbe salire fino a 833,58 milioni se le banche collocatrici esercitassero integralmente l’opzione di acquisto. Solo il 10% ai piccoli risparmiatori, nonostante la comunità finanziaria consideri l'azienda proprio un investimento per “cassettisti"
Va in porto la terza privatizzazione del governo Renzi. Dopo Poste e Fincantieri, anche Enav chiude la fase di sottoscrizioni e si avvia verso Piazza Affari dove sbarcherà martedì 26 luglio. Complici le tensioni di mercato legate a Brexit, il bilancio dell’operazione per le casse pubbliche è però decisamente magro: il Tesoro intascherà meno di 759 milioni dalla vendita del 42,5% della società che gestisce il traffico aereo civile. All’inizio del percorso di privatizzazione, il governo sperava che la vendita potesse fruttare fra i 765 e i 935 milioni.
L’incasso definitivo della privatizzazione Enav potrebbe comunque salire fino a 833,58 milioni nel caso in cui venisse integralmente esercitata la green shoe, l’opzione di acquisto in mano alle banche collocatrici (Mediobanca, Barclays, Credit Suisse, Banca Imi di Intesa, Unicredit e Jp Morgan) portando in Borsa il 46,6% dell’azienda. Tuttavia dalla somma finale andranno comunque sottratte le spese per il collocamento e le commissioni bancarie.
Complessivamente la società guidata da Roberta Neri è stata quindi valorizzata 1,78 miliardi, somma sensibilmente inferiore alle stime circolate nel pre-Brexit (1,8-2,2 miliardi). In compenso, secondo i dati diffusi dal Tesoro, la richiesta è stata elevata (otto volte superiore all’offerta). Anche se il prezzo finale di vendita si è attestato a 3,3 euro per azione, una somma che si piazza a metà della forchetta individuata dalle banche collocatrici (2,9-3,5 euro). In altre parole la domanda è stata alta, ma gli investitori istituzionali (il 90% del totale per un totale di 207 milioni di azioni) sono rimasti cauti sul prezzo orientandosi verso i valori intermedi suggeriti dal consorzio di collocamento. E questo anche a dispetto del fatto che la società abbia varato una generosa politica di cedole, mettendo persino mano alle risorse per pagare futuri dividendi ai suoi soci.
Non a caso Alessandra Pasini, responsabile banking di Barclays Italia, ha spiegato al Sole 24 Ore che “la natura stabile, regolata e resiliente, unita ad una politica dei dividendi progressiva, ha rappresentato un’opportunità unica per gli investitori” alla ricerca di rendimenti in un mercato borsistico nervoso. Peccato che ai piccoli risparmiatori sia andato appena il 10% dei titoli (23 milioni) di Enav, che dalla comunità finanziaria è invece considerata proprio un investimento per “cassettisti” orientati ad acquistare titoli solidi di lungo periodo con buoni rendimenti. E pensare che invece nel caso di Fincantieri, dove non c’era alcuna certezza nella politica di cedole, sfruttando una clausola ad hoc del prospetto i titoli sono stati venduti per il 90% ai piccoli investitori, causando loro a medio termine perdite importanti (-48% circa dal collocamento in Borsa).
“La privatizzazione di Enav si è chiusa con successo nonostante la fase di turbolenza che stanno attraversando i mercati per il dopo Brexit”, ha commentato il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, che potrà contare sulla somma intascata dal collocamento per abbattere l’enorme debito pubblico italiano mantenendo le promesse fatte a Bruxelles. Tuttavia sullo sfondo resta l’esposto presentato dal sindacato sulle modalità di privatizzazione della società e la denuncia alla Corte dei Conti per danno erariale già anticipata dal Movimento 5 Stelle.