Società

Questioni di genere: il maschilismo (r)esiste ancora, purtroppo

Maschilismo, vecchia e nuova piaga dell’incomunicabilità tra i generi. Non cominciate con la storia che sto attaccando il genere maschile, ne faccio parte, proprio per questo ho tutto l’interesse a migliorare la qualità del rapporto tra di noi e con il sesso femminile. Però effettivamente, se qualcuno parte con le solite polemiche, non fa altro che rinforzare quanto vado dicendo. Parlare del maschilismo non significa santificare il femminile, ma soffermarsi su quello che non è accettabile nel relazionarsi ad esso.

Incontro il maschilista più nelle mie relazioni interpersonali che nel lavoro, questo perché, nei contesti amicali o non professionali, si sta molto di meno sulla difensiva e si è certi di trovare la solidarietà degli altri maschi. Anche il maschio non maschilista, se in un gruppo di maschilisti, può, nel migliore dei casi, tacere, nel peggiore, diventare complice per non sentirsi escluso.

Il maschilista duro e puro toglie soggettività alla donna, la oggettivizza perché questo gli dà maggiori garanzie, relazionarsi a una persona è infinitamente più complesso che relazionarsi a un oggetto. Egli non dispone di capacità mentali adeguate e non vuole essere un’offesa, ma solo una constatazione. Lo stereotipo incanala in concetti mentali semplici, non dà modo di pensare perché il tutto è già pensato in forma statica e immutabile.

Il non maschilista fatica molto a parlare con il maschilista, di solito, gli viene scaricata rabbia repressa, il maschilista non concepisce il pensiero altro da sé, lo espelle come un corpo estraneo e può arrivare a complimentarsene. Il maschilista è autoreferenziale, ma dà il meglio quando si muove in branco, spingendosi in competizione. Chi c’è l’ha più lungo, chi c’è l’ha più duro, fate voi, l’importante è avercelo. Il gruppo sostiene, nel bene o nel male, talvolta potenzia.

Il maschilista è un insicuro, ecco perché ha bisogno che i ruoli siano ben definiti. Il maschilista è uomo, né più né meno del non maschilista, ma è un uomo condannato a stare nel limite, a farsi carico di una rigidità che lo condiziona nelle relazioni, ecco perché spesso non ha altri strumenti che la violenza e l’umiliazione per ripristinare la sua sedicente superiorità. Spesso il maschilista non sa di essere tale, magari pensa che le donne non si toccherebbero neanche con un fiore (le altre, su quelle in relazione con lui, nutro qualche perplessità).

Il maschilista non ha opinioni sul maschile/femminile, ma certezze, non si interroga, ha già tutte le risposte senza bisogno di partire dalle domande, ha bandito il punto interrogativo dalla sua vita in quanto insostenibile.

Purtroppo il maschilista è ben lontano dall’essere una razza in via di estinzione, ma vive e prospera tra di noi, è in grado di riprodursi attraverso un certo tipo di educazione, fortunatamente lo stesso mezzo di cui disponiamo per contrastare il suo proliferare.

Vignetta di Pietro Vanessi