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Inedito, Guerra e Kiarostami: il ‘duello’ a suon di versi poetici. Lo scrittore: “Ora però finiamo in barzelletta”

di F. Q.

Un documento eccezionale: un grande incontro, l’abbraccio fra lo scrittore, poeta e sceneggiatore Tonino Guerra (1920 – 2012) con il regista iraniano Abbas Kiarostami (1940 – 4 luglio 2016) in un “indimenticabile tenzone” a suon di poesia fra versi in dialetto romagnolo, le poesie persiane di Rumi e le barzellette. Fra Abbas e Tonino si crea una corrispondenza “d’amorosi sensi” e i due poeti del cinema si ritrovano poi a recitare barzellette. La sequenza è tratta dal documentario ‘Os-cia… la bellezza di Tonino Guerra‘ di Cosimo Damiano Damato. Fu lo stesso regista pugliese, amico di Guerra e di Kiarostami, a fare incontrare i due. “Kiarostami è stato il poeta del cinema, è riuscito – racconta Damato – attraverso la sua fantasia a raccontare la realtà, il suo è stato un neorealismo che ci ha commosso affidando al pubblico l’occasione di trovare, a seconda del proprio sentire, la chiave dei suoi film. Avere avuto il dono di incontrare sulla propria strada un Maestro come Abbas è stata una vera meraviglia, una grande occasione di crescita, non solo artistica, ma soprattutto umana, la sensibilità e la saggezza – continua – rivela anche il più grande insegnamento che viene solo dai grandi uomini ovvero quel sentire che si chiama umiltà. Stessa cosa vale per Tonino Guerra – aggiunge il regista pugliese – Guerra appare come un albero di ulivo secolare, un albero gibboso che ha visto la devastazione della guerra e poi ha trovato la poesia nella vita. Ogni sua oliva è colorata ed ha il sapore della prima spremitura. La sua fantasia è elegiaca ma anche molto reale, ricorda molto Leonardo da Vinci la sua creatività geniale, ma oltre la scienza ed il gusto c’è anche la poesia. E’ un vecchio saggio sapiente. Un omaggio ad un vero maestro, è stato un dono averlo conosciuto. L’amicizia con il Maestro – conclude – si alimentava delle nostre lunghe telefonate al mattino sempre alla ricerca della bellezza, di nuove storie da raccontare”. Tra queste, ne è rimasta una “cinque monache di clausure messe in subbuglio da un baule indirizzato ad una di loro, erede di Eleonora Duse, contenente tanti abiti di scena”

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