La situazione è precipitata sabato 23 luglio, quando le principali autostrade della regione del Kent si sono paralizzate. Il conservatore Andrew Bridgen si domanda se il disagio sia collegato alla scelta del Regno Unito di uscire dall'Unione Europea
Code chilometriche, attese anche di 15 ore per imbarcarsi e migliaia di persone che hanno passato la notte sulla propria auto. A Dover, principale porto sulla Manica nel territorio britannico, il traffico è andato in tilt sabato 23 luglio, anche se le prime code si erano già registrate venerdì. A causare il disagio sono stati i controlli antiterrorismo che le autorità francesi effettuano su chi si imbarca sui traghetti dal porto britannico. I recenti eventi terroristici a Nizza hanno portato il governo di Parigi a dare un giro di vite sui controlli, facendo precipitare la situazione nel caos.
Secondo la Bbc, gli inglesi hanno inviato la propria polizia di frontiera in aiuto dei militari francesi, portando con sé scorte d’acqua da distribuire alle persone bloccate in fila. In questo senso si è mobilitata anche l’organizzazione umanitaria Sikh, che ha distribuito 6 mila bottigliette agli automobilisti che si trovano nelle autostrade paralizzate del Kent, la regione dove si trova il porto. Già venerdì sera, le autorità portuali avevano denunciato l’insufficienza di personale francese per i controlli. Nel frattempo la polizia del Kent ha dichiarato che “la sicurezza viene prima”, giustificando così la congestione che si è formata in tutte le strade della regione.
E le code per l’imbarco innescano anche la polemica politica. Il deputato Tory Andrew Bridgen, parlando al Mail Online, si domanda se si tratti di una “vendetta” dovuta alla scelta del Regno Unito di uscire dall’Unione Europea. “Se si tratta di una reazione alla Brexit, cosa che non spero, è strano rispondere a una decisione democratica dei cittadini britannici danneggiando la propria industria del turismo”. Poi ha proseguito chiedendosi per quale motivo i francesi abbiano deciso di organizzare ulteriori controlli sul confine britannico, visto che il Regno Unito “non è ritenuto il punto più debole quando si parla di controlli europei“.