Il quotidiano turco Yeni Safak sostiene che dietro il colpo di Stato ci sia il generale statunitense John F. Campbell. Intanto sono state fermate oltre 100 persone tra cronisti, professori e militari accusati di legami con l'imam Gulen. Il ministro degli Esteri: "Revocheremo l’incarico ad alcuni ambasciatori"
Mentre continuano arresti ed epurazioni di giornalisti, professori e militari, i media vicini al presidente turco Recep Tayyip Erdogan accusano la Cia americana di avere finanziato il fallito colpo di Stato del 15 luglio. Nella sua prima pagina, il quotidiano turco Yeni Safak, compare una grande foto di un militare corrucciato e, accanto, il titolo a caratteri cubitali: “Quest’uomo ha diretto il golpe”. Il periodico sostiene che dietro il colpo di Stato ci sia il generale statunitense John F. Campbell e accusa l’intelligence americana di avere finanziato i golpisti attraverso una banca con sede in Nigeria.
La notizia è destinata a fare salire la tensione tra i due Paesi. Nei giorni scorsi, il presidente Usa Barack Obama ha chiesto a Erdogan di rispettare i principi democratici. Da parte sua, invece, il governo turco ha chiesto agli americani l’estradizione di Fethullah Gulen, l’imam ritenuto dall’esecutivo la mente del golpe. “I rapporti tra Ankara e Washington saranno influenzati se gli Stati Uniti non consegneranno Gulen”, ha detto il ministro turco degli Esteri, Mevlut Cavusoglu, aggiungendo che le autorità turche “revocheranno l’incarico ad alcuni ambasciatori” in relazione al fallito colpo di Stato.
Dopo la cattura del braccio destro e del nipote di Fethullah Gulen, il predicatore accusato del fallito colpo di Stato in Turchia, le autorità locali hanno fermato altri 40 militari ed emesso un mandato d’arresto nei confronti di 42 giornalisti. Anche loro, riporta la Cnn Turk, sono sospettati di avere sostenuto la rete del golpe. Della lista fa parte la giornalista veterana Nazli Ilicak, 72 anni, da tempo critica nei confronti del presidente Recep Tayyip Erdogan. In totale, il numero di persone arrestate ed epurate dopo il 15 luglio arriva a quota 80mila: sono state anche chiuse università, ospedali, sindacati, associazioni accusate di legami con Gulen.
Intanto, le autorità turche hanno arrestato altri 31 accademici, tra cui diversi professori universitari, in nuovi raid condotti in 5 province, tra cui Istanbul, contro presunti sostenitori di Fethullah Gulen. Catturati anche 40 militari di un’accademia di Istanbul. A riportare la notizia è l’agenzia Anadolu, che cita fonti della sicurezza. Gli arresti sono stati eseguiti dall’unità antiterrorismo della polizia, che ha circondato i sospetti nell’accademia, che si trova nel quartiere Basiktas, sul lato europeo di Istanbul. Sono anche state eseguite perquisizioni nelle abitazioni degli arrestati, dove sono stati prelevati computer e documenti. Nei giorni scorsi erano già stati arrestati altri militari dell’accademia e per 15 ufficiali la detenzione in carcere è stata confermata dai giudici.
E ancora, riportano media locali, la compagnia di bandiera statale Turkish Airlines ha licenziato oltre 100 dipendenti, compresi colletti bianchi e personale di bordo, per presunta contiguità con il fallito colpo di Stato. Secondo altri media, la misura è invece legata a “inefficienza” sul posto di lavoro. Venerdì un’altra azienda statale, l’operatore di rete fissa Turk Telekom, che è per il 30% di proprietà di Ankara, aveva licenziato 198 persone per “collaborazionismo con le forze di sicurezza” nel tentato golpe.
Negli ultimi giorni il governo ha operato una stretta sempre più dura intorno ai presunti collaboratori del predicatore emigrato negli Stati Uniti. Il 23 luglio l’esecutivo ha emesso un decreto per chiudere oltre 2mila enti sospettati di legami con Gulen. L’elenco include 15 università, 19 sindacati, 1.043 tra scuole private e dormitori studenteschi, 1.229 fondazioni e associazioni e 35 ospedali e istituzioni sanitarie. Lo stesso giorno, le autorità hanno arrestato il nipote del predicatore, Muhammet Sait Gulen. Nel giro di 24 ore, la stessa sorte è toccata a Halis Hanci, considerato il braccio destro dell’imam. Intanto il presidente Erdogan ha aggiornato la conta degli arresti, saliti a quota 13mila: tra questi, 8mila militari, 2mila magistrati, 1.500 poliziotti.