Un’altra manifestazione di protesta dal sud abbandonato e ridotto alla triste condizione di sciacquone o immondezzaio del Paese. I cittadini di Nicotera qualche giorno fa, come mi segnala un’amica calabrese, hanno occupato la stazione ferroviaria di Rosarno per protestare contro i liquami che puntualmente invadono a metà luglio il mare e le tubature. Quali le cause di questo ricorrente flagello? Secondo i cittadini che hanno protestato, e non mi pare proprio che sia il caso di diffidare di tale ipotesi, si tratta di cattivo funzionamento dei depuratori e di scarsa attenzione nei confronti degli scarichi abusivi. Entrambe competenze che dovrebbero essere esercitate dalla Regione Calabria, nei cui confronti si sono dirette le proteste.

Indubbiamente la Regione Calabria ha in materia pesanti responsabilità e giustamente i cittadini chiedono anche a essa di svolgere il suo ruolo. Occorre però ricordare anche le enormi responsabilità in materia del Governo nazionale. E’ ormai chiaro come uno degli sciagurati postulati dell’azione di Renzi e dei suoi ministri sia la diminuzione dei controlli e il laissez-faire nei confronti delle industrie e del potere economico in genere nella speranza, o fortemente ingenua o più probabilmente in malafede, che la rimozione dei limiti all’azione dei privati abbia effetti benefici sulla situazione economica e in particolare sulla situazione occupazionale.

La speranza appare del tutto mal riposta, visto il completo fallimento del Jobs Act, che si ispira alla medesima logica neoliberista, dato che Renzi, Poletti & co. paiono convinti che riducendo i diritti dei lavoratori ed estendendo senza alcun controllo il precariato più selvaggio si alimenti l’occupazione stabile. Una contraddizione in termini, o in altre parole, un tentativo di turlupinare i fessi con un uso a sua volta senza controlli delle parole che la realtà si incarica regolarmente di smentire.

In campo ambientale, se possibile, la situazione è ancora più grave, dato il carattere catastrofico e irreversibile dei danni apportati alla cornice naturale nella quale svolgiamo la nostra esistenza e che troppo a lungo abbiamo considerato alla stregua di un magazzino di risorse (aria, acqua, suolo, vegetazione, specie animali, ecc.) da saccheggiare a nostro piacimento e ancora di più ad arbitrio di aziende assetate unicamente di profitto a scapito della salute e del benessere generale. Ne abbiamo avuto ulteriore conferma in occasione del referendum antitrivelle boicottato dal Governo per non impedire alle multinazionali di sfruttare energie fossili continuando a inquinare il nostro mare.

Come scriviamo nella risoluzione finale del documento Un ordine giuridico internazionale in armonia colla natura adottato, su stimolo dell’ambasciata della Repubblica dello Stato plurinazionale di Bolivia che lo presenterà all’Assemblea generale delle Nazioni Unite in esecuzione della risoluzione 70/208 del 22 dicembre 2015 della stessa Assemblea generale, “i problemi ambientali costituiscono oggi la sfida fondamentale cui l’umanità è di fronte. Nonostante siano stati stipulati negli ultimi trent’anni numerosi trattati multilaterali ed elaborati vari principi giuridici applicabili in materia, è evidente il fallimento della comunità internazionale nell’affrontare in modo efficace tale sfida. Per essere vinta essa necessita infatti di un’ampia riconversione del sistema produttivo mondiale, oggi basato sulla ricerca esasperata del profitto, in nome del quale vengono omessi i necessari controlli e le necessarie salvaguardie di interesse ambientale”. Va invece, rilanciata, prosegue il documento, la partecipazione dei cittadini. In ultima analisi la garanzia della protezione ambientale risiede nel conflitto sociale e ambientale. Solo se riusciremo a mobilitarci adeguatamente per fermare i progetti che distruggono l’ambiente come, tanto per fare un esempio, la Tav in Val Susa, le future generazioni avranno un ambiente naturale in cui sarà possibile e dignitoso vivere.

Come ci insegna un grande giurista come Paolo Maddalena – nel suo libro Il territorio bene comune degli italiani –, la difesa della patria passa oggi per quella dei beni comuni contro l’arbitrio dei privati. Si tratta di un punto fondamentale anche per ribadire le ragioni essenziali dell’ambiente e della natura. Le autonomie territoriali devono assumere in questa battaglia un ruolo centrale e diventare portavoce e paladini dei cittadini.  Sempre Maddalena ha di recente condannato in quest’ottica le “riforme” costituzionali proposte da Renzi e Boschi che peggiorerebbero la situazione da questo e molti altri punti di vista, sostenendo che “la modifica della Costituzione serve alle multinazionali, alle banche, alla finanza”.

Difesa della Costituzione, della natura e dei beni comuni. E’ a tale cornice concettuale che va ricondotta la rivolta ambientale di Nicotera e tutte le altre che ci auguriamo scoppieranno nel sud, ridotto a pattumiera del Paese, ma anche nel nord e  nel centro del nostro Paese. Perché un mare pulito, un ambiente pulito sono indispensabili anche per la stessa economia ma soprattutto per la vita e la natura che, come ci insegna anche Papa Francesco – nell’enciclica Laudato si’ – dobbiamo difendere contro sfruttatori e inquinatori.

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