Dopo il Fondo monetario internazionale e la Banca d’Italia, anche l’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) sgonfia le stime del governo sul Pil del nostro Paese: “Una crescita 2016 dell’1,2%, come ipotizzato nel Def, appare non raggiungibile”, perché per ottenerla “il Pil dovrebbe accelerare a ritmi prossimi all’1,5 per cento nel quarto trimestre”. I tecnici del Parlamento prevedono un tasso di crescita a fine anno “poco sotto l’1%“: il dato, secondo le stime, crescerà intorno allo 0,2% nel secondo trimestre e di circa lo 0,1% nel terzo.
La situazione non sembra migliorare di molto nel 2017. L’Ufficio parlamentare di bilancio prevede che “una ripresa meno dinamica, rispetto alla precedenti stime” caratterizzerà anche l’anno prossimo. Lo shock Brexit potrebbe sottrarre sul Pil 2017 dell’Italia dai 2 ai 4 decimi di punto, “a seconda della severità delle ripercussioni sui mercati finanziari e sull’offerta di credito”.
Dall’avvio della ripresa, scrive l’Upb, “il potere d’acquisto dell’Italia è aumentato in modo apprezzabile (+2,9%), grazie alla caduta dei prezzi petroliferi, ma i consumi e gli investimenti sono cresciuti di meno (+1,8%)”. Questo perché “una quota rilevante del maggiore potere d’acquisto è stata destinata a ricostruire i risparmi delle famiglie, alla restituzione dei debiti, all’accantonamento di riserve da parte delle imprese”.
I tecnici del Parlamento sono tiepidi anche sulla ripresa del lavoro. “Prosegue a ritmi moderati – si legge nella nota – la crescita dell’occupazione, ma cominciano a evidenziarsi gli effetti della rimodulazione del regime di esonero contributivo“, che a partire dal 2016 è stato dimezzato. In base ai dati Istat, sottolinea l’Upb, nel bimestre aprile-maggio l’aumento dell’occupazione (+0,4% sul primo trimestre) è stata trainato dagli occupati a termine (+2,3%); sulla base dei dati Inps, il numero di assunzioni a tempo indeterminato si è fortemente ridotto nei primi 5 mesi dell’anno (-280mila unità rispetto allo stesso periodo del 2015)”.