“Il processo non può essere la pena. Per essere giusto deve essere rapido”. Il nuovo procuratore della Repubblica di Bologna Giuseppe Amato esordisce così alla cerimonia del suo insediamento dopo la nomina del Csm di alcune settimane fa. “È inaccettabile che un cittadino, anche se colpevole, venga lasciato nell’incertezza. L’accertamento giudiziario deve avere una dimensione temporale ragionevole”. A questo proposito il magistrato, che lascia la procura di Trento dopo averla diretta dal 2012, ha lanciato l’allarme sulla carenza di organico. La procura di Bologna diretta fino al 2015 da Roberto Alfonso, oggi procuratore generale a Milano, è infatti una delle più in sofferenza, con 19 magistrati sui 23 previsti in organico e un ‘buco’ del 28% fra gli amministrativi. Non poco in una procura che ha messo in piedi e portato in tribunale il maxiprocesso di ‘ndrangheta Aemilia, che vede oltre 200 imputati e l’impegno costante ed esclusivo di due pm. “Il mio impegno sarà colmare questo gap, chiedendo le risorse dove è possibile e trovando risorse organizzative per dare una risposta giudiziaria efficiente”.
Proprio al processo Aemilia – che ha già visto 58 condanne in primo grado, molte delle quali per associazione mafiosa, mentre il dibattimento è in corso – Amato ha voluto riservare una parte del suo discorso di insediamento. Secondo il nuovo capo dei pm, l’inchiesta Aemilia è qualcosa che ha “segnato la vita giudiziaria di questa regione” e, pur essendo ancora “in itinere”, ha dimostrato che “questa regione è sana, ha anticorpi veri, una magistratura e una polizia giudiziaria che funzionano”.
Amato ha voluto parlare anche di terrorismo. Sia di quello di oggi che prende di mira l’Europa, sia di quello del passato. Per contrastarlo “le attività investigative devono correlarsi con una prevenzione molto forte”. E in quest’ottica, “strumento importante sono le intercettazioni preventive, anche telematiche”, ha spiegato. Poi, a una domanda a margine de ilfattoquotidiano.it sul futuro delle indagini sulla strage del 2 agosto 1980, Amato si è detto pronto a continuare a indagare: “Se emergono elementi meritevoli di approfondimento, il nostro sarà un impegno assolutamente massimo. Io non credo che pagine così importanti debbano essere solo consegnate alla storia”. L’importante, ha proseguito Amato, “è non trasformarci noi in storici, che sarebbe qualcosa di sbagliato perché il nostro è un compito squisitamente giudiziario”.