La candidata alla Casa Bianca: "Abbiamo rotto il soffitto di vetro. Ora ogni bambina può sperare di guidare il Paese". Il rivale alle primarie blocca il conteggio delle nomination e chiede l'ufficializzazione senza proseguire i calcoli. L'ex presidente possibile "first gentleman": "Non c'è nessuno che riesca a cambiare le cose come lei"
Il secondo giorno di Convention a Filadelfia si è concluso con un rumore di vetri che vanno in frantumi. Hillary Clinton è quindi apparsa in video da New York: “Non posso credere che, insieme, abbiamo crepato il soffitto di vetro – ha detto – Questa è una vostra vittoria. E se c’è in questo momento una bambina che sta guardandoci, anche se è così tardi, fatemi dire: io posso diventare la prima donna presidente, ma una di voi sarà la prossima”. A quel punto la telecamera si è allargata e ha inquadrato una folla di persone, soprattutto donne, che applaudiva. Hillary Clinton dava la mano proprio a una bambina.
La Convention democratica ha nominato la prima donna candidata alla presidenza degli Stati Uniti. E’ un fatto storico, come lo fu la candidatura del primo afro-americano nel 2008. Al momento dell’annuncio ufficiale, molti in sala hanno pianto. Il carattere storico della nomination è stato sottolineato da Meryl Streep, che si è chiesta dove Hillary Clinton “tragga il suo coraggio e la sua grazia. Dove tragga la sua forza”. Streep ha collocato Clinton in cima a una lunga fila di donne che hanno fatto la storia: Rosa Parks, Shirley Chisholm, Harriet Tubman, l’astronauta Sally Ride, Sandra Day O’Connor, la prima donna nominata alla Corte Suprema. “Donne che hanno aperto nuovi sentieri ad altre che ora possono seguirle – ha detto Meryl Streep -. Generazione dopo generazione. Questa è Hillary. Questa è l’America”.
E’ stata, quella di ieri, una giornata ancora segnata dalle tensioni interne al partito democratico, con una parte dei delegati di Sanders che continua a non accettare la nomination di Clinton. Proprio per cercare di stemperare le tensioni, durante il roll call, il momento in cui i diversi Stati sono chiamati ad annunciare il loro voto, Bernie Sanders ha fatto un nuovo gesto distensivo. Quando è venuto il turno del Vermont, si è alzato e ha chiesto che “Hillary Clinton sia la nominata del partito democratico”. E’ lo stesso gesto che Hillary fece nel 2008, al momento di nominare Barack Obama. Dopo la richiesta di nominare Clinton per acclamazione, Sanders ha baciato la moglie Jane e ha sussurrato “Grazie” al microfono.
La serata è però stata dominata dal discorso di Bill Clinton. L’ex-presidente ha parlato per 42 minuti (nemmeno un tempo troppo lungo per un politico abituato a occupare prepotentemente la scena). E sono stati 42 minuti in cui Clinton ha cercato di dare alla candidata democratica quel tono caldo e personale che spesso manca alle sue uscite pubbliche. Clinton l’ha presa da lontano, molto lontano. E’ partito dal 1971, l’anno in cui conobbe Hilalry. Ha parlato soprattutto della loro storia d’amore (sorvolando sui molti tradimenti e scandali pubblici di questi anni). Ha toccato gli anni da governatore dell’Arkansas, il ruolo di Hillary nella creazione di politiche a favore di disabili, bambini, donne. Ha ricordato l’impegno come senatrice dello Stato di New York e poi come segretario di Stato, per cui si è guadagnata “la lealtà e il rispetto e il sostegno dei leader di tutto il mondo”.
Bill Clinton ha continuato su una nota personale quando ha detto che Hillary è “insaziabilmente curiosa, una leader naturale, una buona organizzatrice”. Ed è qui che è arrivata la prima definizione-slogan che Bill le ha dedicato: “E’ la migliore change maker che io conosca”. Change maker, colei che provoca il cambiamento, è stato il modo in cui l’ex presidente ha cercato di rispondere alle critiche di chi accusa Hillary Clinton di essere l’incarnazione di un sistema ormai asfittico e corrotto. “Alcuni dicono che abbiamo bisogno del cambiamento; che Hillary è in giro da troppo tempo. Sicuramente lo è. Ma lei ha fatto in modo che ogni singolo anno diventasse un modo per migliorare la vita delle persone”.
L’altra frase decisiva coniata da Clinton per la moglie è stata the real one. Una persona vera. “La persona vera è quella che ti chiama quando stai male, quando i tuoi figli sono in difficoltà, quando hai un morto in famiglia”, ha detto l’ex presidente, che ha concluso il suo discorso ancora su una nota personale: “Hillary ci renderà più forti. Voi lo sapete perché ha speso una vita a farlo. Spero che la eleggerete. Quelli tra di noi che hanno più ieri che domani tendono a preoccuparsi di più dei nostri figli e dei nostri nipoti. La ragione per cui dovreste eleggerla è che noi, nella più grande nazione sulla Terra, abbiamo sempre privilegiato il domani. I vostri figli e nipoti vi benediranno, se la eleggete”. Clinton ha finito tra gli applausi, cosa non scontata. Buona parte dei delegati di Sanders e l’ala progressista del partito lo ritiene davvero incarnazione di quel legame tra politica e poteri forti che viene contestato anche a Hillary. Le temute proteste, però, non ci sono state.
Se il dissenso non è esploso in sala, si è comunque manifestato nelle vicinanze. A metà pomeriggio, un centinaio tra i delegati di Sanders è entrato in sala stampa, dove in quel momento si trovavano centinaia di giornalisti. I dimostranti scandivano slogan contro il partito democratico; mostravano cartelli con la scritta Never Hillary, Mai Hillary.
E’ immediatamente intervenuta la polizia, che ha chiuso il media center, impedendo a parte dei delegati di entrare. Quelli all’interno hanno improvvisato un sit-in, spiegando cosa vogliono dal partito democratico. La richiesta più forte è l’assicurazione che alcuni dei punti significativi della piattaforma adottata dalla Convention vengano davvero implementati. Tra questi ci sono l’aumento del minimo salariale a 15 dollari, il congedo familiare pagato, il rafforzamento dell’autorità di controllo sulle grandi banche, la riforma dei trattati di commenrcio internazionali (soprattutto il Trans-Pacific-Partnership), l’abolizione della pena di morte e una vera e comprensiva riforma dell’immigrazione.
“Non mi fido di Hillary” mi ha detto Puja Dhara, una delegata dell’Ohio. “I democratici stanno spostandosi sempre più verso il partito repubblicano, vogliamo vere assicurazioni”. Le ho chiesto se c’è la possibilità che una parte dei delegati di Sanders escano dal partito democratico. “Sì, lo vediamo tutti i giorni, ci sono moltissimi tra noi che non voteranno Hillary e se ne vanno”. Poco lontana, sempre in sala stampa, un’altra delegata di Sanders, Nancy Jones, della California, spiegava di essere pronta “a spaccare il partito democratico”. Meno convinta della necessità della rottura Kimberly Tucker, una delegata di Sanders della Virginia: “Dobbiamo continuare a lottare, ma all’interno del partito democratico”.
Proprio il tema dell’unità, all’interno della Convention, è stato ieri sera cercato e articolato infinite volte. Prima di attaccare l’ultima canzone della serata, dal palco della Convention, Alicia Keys ha detto: “Non possiamo permettere che la politica ci divida. Dobbiamo mostrare al mondo che l’intolleranza e la paura non vinceranno, perché abbiamo così tanto in comune”.