Dopo il blitz dell'assessora all'Ambiente (per 12 annni consulente della municipalizzata), l'ad Daniele Fortini ha annunciato le sue dimissioni. La città è in sofferenza perché per anni si è affidata a un solo impianto senza alternative valide e ripiegando sempre e solo sui privati. Polemiche per l'uso delle strutture di Manlio Cerroni, ribattezzato l'ottavo re di Roma
A Roma la nuova crisi rifiuti ha aperto uno scontro tra la giunta della sindaca Virginia Raggi e i vertici dell’Ama, l’azienda di igiene pubblica capitolina, con le dimissioni del presidente Daniele Fortini che lascerà l’incarico il prossimo 4 agosto. La città è in sofferenza, la raccolta in alcune zone è al rilento e a questo si aggiunge l’inciviltà di alcuni cittadini tanto che così alcuni cassonetti sono vere e proprie mini discariche. La sindaca ha attaccato duramente i vertici dell’azienda: “Un presidente ha l’obbligo di amministrare un’azienda e ha l’obbligo di farlo nel migliore dei modi. Vogliamo pensare che lo abbiano fatto per metterci il bastone tra le ruote? Non importa, lavoreremo per risolvere il problema”. Fortini, contattato da ilfattoquotidiano.it si è difeso: “Non abbiamo responsabilità. Ho appena chiesto alla commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti di appurare di chi sono le colpe. La sofferenza nella raccolta e nel trattamento è stata causata dal blocco di un conferimento avvenuto senza preavviso”.
Il vero dramma di Roma è che per anni si è affidata a una discarica, quella di Malagrotta, senza costruire alternative e un piano serio e credibile. Alla chiusura dell’invaso la crisi rifiuti è diventata ciclica. Non solo. L’assenza di impianti di trattamento degli scarti alimentari e una differenziata ferma al 40 per cento con modelli di raccolta ancora prevalentemente a cassonetto, modello totalmente inefficace, rende disastroso il quadro. Così Ama conferisce i rifiuti in impianti di privati e porta gli scarti alimentari fuori Regione: una partita, quella dei viaggi della spazzatura, che costa 170 milioni di euro ogni anno.
Nei giorni scorsi, a poche settimane dall’elezione della nuova giunta M5s, si è consumato il primo scontro: l’assessora all’Ambiente Paola Muraro si è presentata al cospetto del presidente Fortini chiedendo un piano operativo. Quando è stato presentato, Muraro ha criticato il fatto che si trattasse di una bozza senza nemmeno la firma dell’ad: “Invece di rivolgersi alla stampa”, ha scritto su Facebook, “si dia da fare per risolvere il problema”. L’assessora M5s è stata consulente per 12 anni di Ama, fino al giugno del 2016, e tra le altre cose ha ricoperto anche l’incarico di referente Ipcc degli impianti Tmb di Rocca Cencia e via Salaria, gli unici di proprietà di Ama. Muraro, nel lungo colloquio, parlando dei rifiuti in strada, per evidenziare la necessità di pulire la città, si è spinta oltre e ha azzardato una spiegazione sulla sicurezza: “Non si può lasciare i sacchetti abbandonati”, ha detto, “in un momento di allerta terrorismo perché li potrebbe nascondersi una bomba”. Nelle oltre due ore di colloquio, andato in onda in diretta su Facebook, il punto dirimente però è stato relativo all’uso del tritovagliatore di Rocca Cencia. Muraro ha chiesto spiegazioni su questo: “Perché quell’impianto, messo a disposizione di Roma Capitale con una delibera di giunta regionale, non viene utilizzato da Ama? Siamo pronti anche a un referendum per chiedere ai cittadini se preferiscono i rifiuti in strada oppure che venga usato il tritovagliatore”. L’assessora all’Ambiente ha proposto l’impianto di proprietà di Manlio Cerroni, una scelta che però non convince tutti. Cerroni, ribattezzato l’ottavo re di Roma, il ‘supremo’ secondo funzionari e fedelissimi, è sotto processo da una parte per traffico illecito di rifiuti e truffa mentre, in un altro procedimento, risponde di disastro ambientale e avvelenamento delle acque. Il tritovagliatore in questione, infatti, è di sua proprietà, ma è in gestione alla ditta Porcarelli. Il presidente di Ama ha detto che non porterà un grammo di rifiuti in quel tritovagliatore perché lo scorso dicembre è scaduto un accordo sottoscritto nel 2013 tra Ama e Colari e quindi, senza una gara o una ordinanza, non userà mai quell’impianto.
“Abbiamo sospeso i conferimenti al tritovagliatore nel febbraio scorso – ha concluso Fortini – trovando soluzioni più convenienti”. A maggio, scorso, però una delle aziende, la Saf, che riceve rifiuti ha comunicato il blocco temporaneo della ricezione della spazzatura capitolina mandando in tilt la città che è appesa ai mille fili delle disponibilità di altre società. Fortini ha aggiunto però un altro particolare: “Ho presentato, in merito a quel tritovagliatore, un esposto alla magistratura lo scorso anno” ora al vaglio degli inquirenti. “L’Ama non lo usa perché è sotto inchiesta da parte della magistratura”. L’Ama, comunque, si affida agli impianti della galassia Cerroni, impianti previsti dal piano regionale che impone di usarli a differenza del tritovagliatore. Ogni giorno, infatti, 1200 tonnellate di rifiuti finiscono nei Tmb, impianti di trattamento meccanico biologico, di proprietà dell’anziano avvocato.
In questi giorni di tensione, si è parlato della riapertura della discarica di Malagrotta. “C’è sempre il rischio che venga riaperta”, ha detto Fortini. L’ipotesi è stata però stoppata dalla Raggi: “Non succederà mai”, ha scritto su Facebook. La situazione resta comunque critica, anche perché, come ricordato da Fortini, “entro settembre il comune deve indicare una discarica di servizio”. E’ l’assurdo di Roma che senza impianti pubblici e una differenziata adeguata continuerà a vivere nuove crisi e al primo blocco di un conferimento tornerà nuovamente con i rifiuti in strada.