La notizia resa nota da Greenpeace. Accolta la richiesta di alcuni sopravvissuti a disastri climatici nell'arcipelago. Le due aziende italiane saranno interrogate, insieme ad altre 45 multinazionali. L'indagine può portare all'apertura di una causa legale
Eni e Italcementi dovranno rispondere alla Commissione nazionale per i diritti umani delle Filippine (CHR) per l’impatto che le loro attività economiche hanno sul clima globale, a causa dell’uso di combustibili fossili, e quindi sulle possibili violazioni dei diritti umani correlate ai mutamenti climatici. La notizia è stata resa nota in un comunicato stampa diffuso da Greenpeace. Insieme alle due aziende italiane dovranno rispondere altre 45 multinazionali, tra cui Chevron, Exxon Mobil e Dutch Shell Total.
Nella nota della ong ambientalista si legge che “l’indagine è partita in seguito a una petizione presentata nel settembre 2015 da alcuni sopravvissuti a disastri climatici insieme a diversi esponenti della società civile, tra cui Greenpeace South Asia. La Commissione per i diritti umani delle Filippine ha inviato ieri alle aziende coinvolte una copia della denuncia corredata da un ordine ufficiale che impone alle imprese di rispondere entro 45 giorni“. Inoltre “i firmatari della petizione hanno chiesto alla Commissione anche di sollecitare le aziende a presentare i propri piani d’azione per eliminare, contrastare e prevenire gli effetti dei cambiamenti climatici”.
“Siamo stati colpiti da tempeste, siccità ed eventi meteorologici estremi, e i cambiamenti climatici stanno aggravando la situazione” dichiara Veronica “Derek” Cabe, tra i promotori della petizione, proveniente dalla provincia filippina di Bataan. “Vogliamo solo vivere una vita dignitosa e tranquilla, senza paura e senza essere in balia delle grandi aziende che si interessano solo ai loro profitti. Non abbiamo scelta, dobbiamo difendere i nostri diritti. Vogliamo giustizia, e la possibilità di proteggere quel poco che abbiamo lasciato ai nostri figli”.
Nella zona di Bataan – racconta Greenpeace – le comunità locali si stanno battendo contro la costruzione di una nuova centrale a carbone e alcuni impianti di stoccaggio di questo combustibile fossile. Una leader della comunità, Gloria Capitan, è stata assassinata lo scorso 1 luglio in un agguato, di cui non si conoscono i responsabili, che potrebbe essere legato alle proteste. La donna è stata raggiunta da un colpo di arma da fuoco alla testa mentre si trovava in un bar insieme alla propria famiglia.
“Coloro che hanno guadagnato di più dall’emissione di gas serra in atmosfera devono ora impegnarsi a evitare altri disastri provocati dai cambiamenti climatici. Questo è il primo passo nella giusta direzione. Il coraggioso popolo filippino è il primo a chiedere ai più grandi inquinatori del mondo di rendere conto delle proprie emissioni”, afferma Jennifer Morgan, direttore esecutivo di Greenpeace International.
La commissione CHR è un organo costituzionale del paese asiatico, autorizzato a indagare sulla violazione dei diritti umani. Le sue conclusioni possono portare all’apertura di una causa legale. Le udienze preliminari di questa indagine senza precedenti dovrebbero iniziare il prossimo ottobre.