Resa dei conti dentro il partito dopo la decisione del viceministro di apparentarsi con Ala. Il deputato Mazziotti: "Riunione surreale. Alcuni di noi non hanno potuto prendere nemmeno la parola, mentre sono stati ammessi a votare soggetti che non ne avevano diritto. Faremo ricorso"
Deputati ‘silenziati’, contestazioni in sala e persino l’accusa di aver violato lo statuto del partito. Con la minaccia, avanzata da qualcuno, di impugnare la delibera approvata al termine della riunione. All’interno di Scelta civica la situazione è sempre più esplosiva. L’ultimo atto è andato in scena la sera del 28 luglio durante la direzione del partito che si è svolta nelle sede di via Santa Caterina da Siena, a Roma. Un incontro voluto da 16 componenti per chiedere la conferma del fatto che il gruppo di riferimento sia quello ‘originario’. Il tutto dopo la spaccatura dello scorso 14 luglio, quando il viceministro dell’Economia e segretario Enrico Zanetti ha lasciato Sc insieme a quattro colleghi (Mariano Rabino, Giulio Cesare Sottanelli e Angelo Antonio D’Agostino) vista la contrarietà della maggioranza del gruppo parlamentare all’apparentamento con Ala di Denis Verdini. Senza dimenticare l’altro terreno di scontro, quello per conservare nome e simbolo, che Zanetti vorrebbe tenere per sé.
Ma andiamo con ordine. Se al termine dell’incontro il numero due di via XX Settembre si è affrettato a dire che il partito è con lui e che la direzione nazionale gli ha confermato la fiducia, alcuni dei presenti raccontano tutta un’altra versione. “È stata una riunione surreale”, dice a ilfattoquotidiano.it il deputato Andrea Mazziotti, presidente della commissione Affari costituzionali di Montecitorio, uno di quelli che ha deciso di non seguire il viceministro nel sodalizio con i verdiniani. “Zanetti si è rifiutato di far votare quattro colleghi e membri della direzione che ne avrebbero avuto diritto con scuse risibili e in contrasto con un parere del collegio dei probiviri e a me, che pure non sono membro della direzione ma sono sempre intervenuto in precedenti occasioni, ha impedito di prendere la parola”, spiega Mazziotti. I deputati ai quali è stato proibito di esprimersi sono Giovanni Monchiero, Roberta Oliaro, Stefano Dambruoso e Giovanni Palladino. Tutti, guarda caso, contrari all’apparentamento con Ala.
Solo un caso? Difficile pensarlo. In compenso, spiega ancora il deputato di Sc, “sono stati ammessi a votare soggetti che non ne avevano diritto”. Di chi si tratta? Di Michele Schiano, berlusconiano della prima ora passato a febbraio da Forza Italia a Scelta civica (di cui è oggi coordinatore in Campania), ed Enrico Martial, candidato alle ultime Amministrative a Torino con i Moderati di Giacomo Portas e commissario di Sc in Piemonte. I quali, non essendo stati eletti, non avrebbero un ruolo di rappresentanza negli organi del partito. Insomma, alla fine in 12 hanno abbandonato l’assemblea e, anche se la linea di Zanetti è passata (19 voti favorevoli e 1 astenuto), Mazziotti e compagni annunciano che faranno ricorso impugnando la decisione della direzione. “È davvero paradossale – aggiunge il deputato di Sc – che il vice ministro vada su tutti i giornali a difendere l’intesa con Verdini e poi eviti di parlarne negli organi di partito, quasi se ne vergognasse. La verità è che se Zanetti avesse raccontato come stavano le cose nell’ultima direzione, l’accordo con Ala sarebbe stato bocciato”.
“Le parole di Mazziotti, tanto più perché persona esperta di diritto, sono di una gravità inaudita laddove, assumendosene la relativa responsabilità, definiscono senza mezzi termini ‘illegali’ una serie di decisioni che sono state assunte non dal segretario Zanetti ma dal Comitato di presidenza e confermate poi dalla direzione nazionale del partito – si legge in una nota diffusa in tarda serata da Zanetti e colleghi –. Ove simili affermazioni venissero reiterate, il partito Scelta civica si riserva di assumere le più opportune azioni, in ogni sede, a tutela dell’immagine del segretario e del partito”. “Ovviamente, io parlo di Enrico Zanetti perché è stato lui a dirmi che non potevo parlare e a far escludere i parlamentari dal presidente – la replica di Mazziotti –. Di diritto parleremo nelle sedi opportune”. Insomma, non finisce qui.