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“In classe insegno agli studenti a smontare teorie e complotti” – Il primo passo, per Sophie Mazet, è parlarne in classe. Insegnante di inglese al liceo Auguste-Blanqui de Saint-Ouen, nella periferia parigina di Saint-Denis, nel 2011 ha ideato un laboratorio affinché si discuta in aula di complotti. Da lì è nato il suo Manuel d’autodéfense intellectuelle, un libro per districarsi tra le teorie cospirazioniste studiandone logica e retorica. “L’ho scritto per i giovani, ma anche per genitori e insegnanti, in modo che siano in grado di rispondere alle loro domande. E anche per tutti quelli che sono interessati al tema ma non sono specialisti”. Libro a parte, è nelle classi che si svolge il cuore della discussione. “Cerchiamo di sviluppare il pensiero critico con strumenti che possono essere applicati a ogni mezzo di comunicazione: linguaggio, argomentazioni, immagini. Poi analizziamo soggetti specifici: dalle serie tv fino alle sette”. Un metodo che costruisce un rapporto di fiducia con gli studenti. “Capiscono che non sono lì per contraddirli o imporre la mia visione”. Qual è il profilo tipo dello studente “sensibile” al complotto? “Non c’è, ed è importante ricordarlo. Nessuna specifica classe sociale, nessun background particolare. I più convinti generalmente sono dotati di un buon livello culturale e capacità di critica. Il loro pensiero è fuorviato, ma le loro teorie nascono dalla curiosità e dal bisogno di trovare risposte”. Per alcuni, prosegue, “ammetterlo è controintuitivo, perché si tende a pensare che queste persone siano culturalmente deboli, poco istruite. Ma non è così”.
“Stragi di Parigi e Bruxelles da inquadrare in uno sfondo di guerre segrete che usano soldati esecutori e fanatici religiosi” – Sostiene che “con l’11 Settembre il potere americano ha inaugurato un nuovo metodo di conquista mondiale”: un “Impero del Caos” che ha come fine ultimo “la destabilizzazione”. Usa “i media, le tv, Hollywood, i video dello Stato Islamico, allo scopo di trascinare le opinioni pubbliche europee nelle sue guerre”. Un “illusionismo ipnotico” che si è “intravisto” non solo con le Torri Gemelle, “ma anche nell’eccidio di Charlie Hebdo”. Maurizio Blondet, giornalista, nel corso degli anni si è occupato di teorie complottiste legate a poteri oligarchici e lobby industriali.
Per Blondet spesso le versioni ufficiali presentano, come Parigi, “visibili smagliature. Per esempio – dice – i terroristi che uccidono con precisione professionale i giornalisti di Charlie Hebdo e poi “dimenticano” la carta d’identità nell’auto della fuga, che permette la loro immediata identificazione: a lei sembra normale?”. E ancora: “Un giornalista israeliano è sul tetto di Charlie Hebdo e casualmente riprende con lo smartphone la scena. Lo strano Coulibaly che irrompe nel negozio kosher, nel centro di Parigi, e ovviamente concentra tutta l’attenzione mediatica sull’evento della presa di ostaggi, distraendo i media dalla caccia ai due fratelli braccati, che vengono uccisi senza testimoni“. E’ convinto che “i francesi ‘gestiscono’ i loro jihadisti: il ministro Fabius l’ha ammesso, dicendo che “Al Nusra (AlQaeda), sur le terrain, fait un bon boulot” (link). Oppure – osserva Blondet – siete così ciechi e sordi da non vedere e non leggere le notizie?”. Per il giornalista è questo lo “sfondo” delle stragi di Parigi e di Bruxelles. Uno “sfondo di guerre segrete con l’utilizzo di fanatici religiosi, o di ‘soldati esecutori’. Ad esempio quel Nemmouche che uccide quattro persone nel museo belga dell’Olocausto, e due erano agenti del Mossad poi si consegna a Marsiglia, 800 chilometri più a Sud, alla polizia francese”. E i moventi o i motivi quali sarebbero? “Non posso saperlo perché non sono io che ho organizzato queste operazioni; sono stati “loro”, e loro sanno perché. Io mi limito a rilevare smagliature e falsità nelle versioni ufficiali”.