Cinema

Giovanni Veronesi, una conversazione sul cinema ‘A ruota libera’

Chi sarà mai Nananana? E’ forse l’unico mistero che Giovanni Veronesi, brillante regista della commedia italiana, non ha voluto svelare al pubblico alla prima milanese del suo show A Ruota Libera, messo in scena allo spazio Iqos Embassy. Lo spettacolo, che possiamo definire una originale conversazione di cinema e non solo, è stato prodotto dalla Milano Film Academy in collaborazione con Ipotalamo. Torniamo dunque a Nananana. Pare sia un pessimo attore, piuttosto famoso e piuttosto incapace di interpretare le scene più semplici ed elementari al punto da costringere il regista ad un numero infinito di ciak. E mentre il pubblico, aiutato da qualche indizio, pensa a chi potrebbe nascondersi dietro questo pseudonimo, lo spettacolo scorre veloce tra passi indietro nel tempo, aneddoti, battute esilaranti e momenti di commozione che non vogliamo anticipare.

Veronesi improvvisa molto pur seguendo un canovaccio di ricordi che fanno da filo conduttore. Ormai è un fiume in piena. Si scoprono così buffi dualismi, ripicche e una sottile guerra psicologica che spesso coinvolge prime donne e artisti di fama internazionale. Si racconta ad esempio di quella volta che David Bowie e Harvey Keitel sul set de Il mio west dovettero trovare un accordo su come girare una scena del film. Da una parte il sostenitore del “metodo”, affiancato sempre da una coach che arrivava a insultare pesantemente anche la sua famiglia pur di ottenere le giuste reazioni, dall’altra il genio dell’improvvisazione che risolveva la scena in pochi attimi e sguardi. Indovinate voi chi utilizzava il “metodo” e chi era il genio.

Ci sa fare Veronesi nell’insolito ruolo di mattatore e sa catturare l’attenzione del pubblico. “Quella volta che Carlo Verdone… anzi adesso vi racconto di Robert De Niro…” e via con i retroscena i ricordi e ci fermiamo qui per non spoilerare troppo. Ci sono tutti gli ingredienti in questo spettacolo, contributi filmati, appunti personali, gli inizi, la consapevolezza di non essere Kubrick ma di poter svolgere con dignità questo mestiere, la famiglia, gli amici. Gli amici, appunto. Sì, perché all’improvviso sale sul palco un amico, un ospite a sorpresa. L’altra sera è toccato ad Alessandro Haber che Veronesi stima e verso il quale nutre un profondo affetto. Questo il pubblico lo comprende subito, lo sente. Il dialogo diventa serrato, ironico, cialtrone, giocoso, autentico. E Haber che non le manda a dire sta perfettamente a suo agio nel ruolo di se stesso, incazzoso e fragile al tempo stesso, senza mezze misure diretto e vulcanico.

Ci regala pure un Charles Bukowski alla Haber: “Le ragazze che un tempo seguivamo ora fanno le barbone” eseguita con dolente nostalgia e tanta commozione. Pubblico soddisfatto alla fine. Si beve, si chiacchiera tra bollicine, selfie e disperata ricerca di una sigaretta. Tenetene sempre una pronta per Haber che senza non può stare.

Bello infine riconoscere tra gli spettatori anche Ernesto Fioretti. E’ stata proprio la sua vita infatti a ispirare L’ultima ruota del carro, il film di Veronesi che ho amato di più. Ho la tentazione di avvicinarmi e chiedergli: “Ma tu sai chi è Nananana?” Loro due sono intimi, sicuramente lo sa. No, meglio di no. Meglio non sapere. E andiamo avanti cosi. A ruota libera.