Il documento sottolinea la centralità del ruolo del pm nella valutazione e selezione dei dati sensibili, chiede particolare cautela e attenzione in fase di indagini preliminari, dove è più alta l'attenzione mediatica
Il plenum del Consiglio superiore della magistratura ha approvato con un solo astenuto le linee guida sull’utilizzo delle intercettazioni con indicazioni sulla tutela dei dati sensibili. Il documento – anticipato da ilfattoquotidiano.it nei giorni scorsi – sottolinea, tra gli altri aspetti, la centralità del ruolo del pm nella valutazione e selezione dei dati sensibili, chiede particolare cautela e attenzione in fase di indagini preliminari, dove è più alta l’attenzione mediatica, rispetto al materiale da inserire nelle richieste e nelle ordinanze di custodia cautelare.
“Appare centrale il ruolo del pm – si legge nel documento – che, nel trattamento dei dati sensibili, potrà operare una prima selezione delle dando direttive sul punto alla polizia giudiziaria, affinché proceda alla trascrizione in sunto o ne annoti solo la mera indicazione dei dati estrinseci”. Nella delibera si auspica “che i magistrati si attengano ad onere di sobrietà contenutistica, eventualmente valutando se omissare, nelle conversazioni comunque rilevanti, i riferimenti a cose o persone, se non strettamente necessari, dandone conto con adeguata motivazione. In effetti può affermarsi che un uso corretto e professionale degli strumenti normativi, anche attraverso l’uso mirato e razionale dell’udienza stralcio, che tenga conto anche delle ricadute organizzative, consente di predisporre adeguate misure di garanzia e salvaguardia dei dati e delle informazioni sensibili raccolte nel corso delle indagini e che sono attinenti all’imputazione provvisoria”
Nel caso di parlamentari, suggerisce inoltre il Csm, le conversazioni “casuali” che vengano captate non andrebbero trascritte ma solo annotate nei brogliacci. Chiara inoltre la raccomandazione a non indebolire in alcun modo le intercettazioni come strumento di prova. “Va ribadito con decisione- riporta la risoluzione – che il rimedio alla divulgazione non può essere rappresentato dalla riduzione dell’area operativa del mezzo di ricerca della prova di esame, che è indispensabile per le investigazioni. Nè tantomeno dall’opzione di riportare per riassunto e non in forma integrale le conversazioni nei provvedimenti giudiziari, con il rischio di ridurre la genuinità della prova scaturita dalla conversazione intercettata. La mera raccolta di dati personali, non provoca una lesione del diritto alla riservatezza, che invece deriva dall’eventuale patologica violazione delle regole di gestione di dati simili”. “Non vogliamo né anticipare né condizionare il legislatore. Il legislatore faccia ciò che crede ma ritengo farebbe cosa saggia ad attingere dai principi delineati nel documento”, ha detto il vicepresidente del Csm Giovanni Legnini durante la riunione del plenum.