Odiamoci. Non serve più parlare, dialogare e comprendere perché si viene accusati di essere un ingenuo buonista che non ha capito come sta girando il mondo: o noi, europei (cristiani), o loro, musulmani (è scomparsa la nazionalità, rimane solo la fede). Quindi, come in una battaglia fra animali, bisogna azzannare il nemico fino a sopprimerlo. Non c’è più comprensione, pietà. Il nemico è tutta la specie: sono tutti i musulmani, tutto il loro essere, la loro storia e i loro simboli. Sono tutti uguali e per questo sarebbe meglio che indossino un simbolo, magari al braccio. Almeno, quando in metropolitana vediamo qualcuno con la pelle scura basterà semplicemente un’occhiata per vedere se ha una mezza luna stampata sulla manica del braccio.
Vietiamo che parlino l’arabo, perché è disturbo della quiete pubblica. Anche un giornale o un libro, scritto nei caratteri di quella brutta lingua, può allarmare: chissà che non sia il libretto delle istruzioni per far detonare il giubbotto esplosivo che indossano sempre, non potendo fare a meno di uccidere infedeli. Ecco, realizzato tutto questo, lasciamo scorrere un anno e trasportiamoli in un’isola deserta, magari recintiamola, e lasciamoceli.
E’ questo quello che c’è nella mente di qualche ignorante che è l’altra faccia del fondamentalismo e che è il miglior alleato del radicalismo islamico. Entrambi, si nutrono della paura. I primi, i fondamentalisti nostrani ed europei, lo fanno per fini elettorali: incapaci di trovare soluzioni ai problemi delle nostre società, trovano nell’altro il capro espiatorio e per rinforzarlo sostengono il dilagare della paura. I secondi, i radicalisti islamici, si nutrono della crescente diffidenza verso l’Islam: all’aumentare dell’islamofobia ci sarà una crescita del radicalismo (dall’11 settembre a oggi le bombe non hanno risolto nulla ma hanno facilitato la presa del discorso fondamentalista sui giovani).
Chi oggi, sui mezzi d’informazione (che hanno una responsabilità enorme nel rappresentare bene o male quello che succede), propone l’odio generalizzato verso l’altro dobbiamo rispondere di no. Dobbiamo guardare alla nostra storia per capire che questi sono gli adepti di un modo di pensare che, quando ha attecchito, ha condotto ai campi di concentramento milioni di uomini, donne e bambini.
A chi odia l’islam chiedo di andare in moschea e invito le moschee a aprire le porte, oggi più di ieri. Invito i musulmani a partecipare alle messe, ad andare in chiesa a incontrare i parroci, a simboleggiare la necessaria comunione fra Islam e cristianesimo. Solo insieme, mettendoci ancora più dialogo, argineremo la paura che matura e cresce dalla mancanza di conoscenza, reciproca.