Baie trasformate in parcheggi per imbarcazioni e acque solcate anche fino a poche decine di metri da riva da natanti non sempre rispettosi delle regole. Le acque dell’isola d’Elba, parte del Parco naturale dell’Arcipelago toscano, spesso sono il Far West. E la situazione a terra non è molto migliore. Nel parco, denuncia Umberto Mazzantini di Legambiente, “rientra solo il 50 per cento circa del territorio elbano. Le aree rimaste fuori dopo la trattativa tra Comuni e ministero dell’Ambiente erano, guarda caso, le più appetibili per l’edilizia. I paesi collinari di Marciana e Poggio sono gli unici due centri abitati dentro l’area protetta, mentre lo sviluppo urbanistico è stato soprattutto nelle piane”. E poteva anche andare peggio: “Legambiente è riuscita a fermare la costruzione di 3 milioni di metri cubi di cemento previsti nei piani urbanistici. E se non ci fosse stato il Parco non so cosa sarebbe successo in quest’isola”.
Eppure il cemento è al centro di molte storie di violazione ambientale. È arrivato anche in aree a rischio alluvionale, come nel caso dell’ecomostro di Procchio simbolo dello scandalo di Elbopoli, nel cui processo furono condannati tra gli altri prefetto, viceprefetto e un giudice di Livorno. Nel 2013 l’ecomostro è stato demolito, ma le macerie sono ancora lì a più di tre anni di distanza.
Il cemento ha escogitato anche sotterfugi per espandersi. C’è l’esempio dei falsi ruderi di Capoliveri, che per anni sono stati tirati su in pochi giorni per poi chiederne la ricostruzione e l’ampliamento (e ogni tanto ne spunta uno nuovo). E il cemento, insieme a recinzioni e cancelli, si è spinto anche vicino alle spiagge. “Una sentenza del 2001 della Corte di Cassazione ha definitivamente sancito che tutte le spiagge debbono poter essere raggiunte liberamente – spiegano da Legambiente – Non possono esistere reticolati, sbarre e strade private che impediscano l’accesso dei cittadini, perché la costa e le spiagge sono di tutti. Purtroppo, all’Elba non è così per molte spiagge”. In un dossier di alcuni anni fa l’associazione ambientalista aveva contato ben 13 arenili inaccessibili ai turisti.
Cala dei Frati, chiusa da 20 anni
Il caso forse più eclatante è quello della spiaggia di Cala dei Frati, a Portoferraio. “Da 20 anni chiediamo la riapertura dell’accesso che dalla strada della Padulella portava a Cala dei Frati, oggi interrotto dalla recinzione di due ville. Nonostante un accordo di massima tra Comune, proprietari e Legambiente, la spiaggia resta inaccessibile e presenta spiccati fenomeni erosivi”, che hanno cancellato l’unico passaggio con cui si poteva accedere alla cala dalla spiaggia vicina. All’inizio di luglio 2016, il Comune di Portoferraio e Legambiente hanno trovato un accordo per la costruzione di un nuovo accesso alla spiaggia, su una striscia di terreno che sarà concessa gratuitamente dal proprietario. La speranza è di avere il sentiero pronto per la prossima estate, ma i soldi per costruirlo vanno ancora trovati.
Accesso solo con documento
A Capoliveri, invece, nel territorio di 450 ettari della tenuta delle Ripalte, con vigne, ristoranti e strutture ricettive, una decina di spiagge punteggiano i 12 chilometri di costa della penisola di Calamita. Tutte raggiungibili attraverso sentieri che scendono dalla strada della penisola, anche se arrivarci non è semplice. “Le spiagge sono demaniali, ma gli accessi sono su territorio privato”, dice il direttore della tenuta Riccardo Pironi. Da un lato della penisola “si può entrare a piedi o in bici consegnando un documento d’identità alla reception del resort. Lo facciamo per sapere chi c’è nella nostra proprietà e per la sicurezza delle persone: se la sera qualcuno non torna possiamo andare a cercarlo. In macchina, invece, i bagnanti possono arrivare fino alla spiaggia di Remaiolo: in questo caso serve la prenotazione del posto auto il giorno prima”.
All’altro capo di Calamita, invece, la strada a un certo punto è sbarrata: “Da quel lato le persone non dovrebbero passare, come indica chiaramente il cartello di proprietà privata e divieto di accesso facendo riferimento al preciso articolo del Codice penale”. Peccato che per un errore grossolano l’articolo citato sia il 416, che punisce l’associazione a delinquere, e non – come era forse nelle intenzioni – il 614 che è la violazione di domicilio.
Paradisi (quasi) irraggiungibili
Più a nord, tra Rio Marina e Cavo, la spiaggia di Capo Pero è difficile da raggiungere: da una parte, i sentieri si trovano nell’ex area mineraria di proprietà del demanio, recintata. Dall’altra, la strada che porta al B&B Capo Pero è chiusa. Alla nostra mail di richiesta spiegazioni inviata alla struttura risponde Ester Scaccabarozzi: “La strada che collega la provinciale al B&B Capo Pero è una strada privata carrabile all’interno del nostro parco, sulla quale transitano i nostri ospiti con le macchine, non un sentiero pedonale. Per questioni di sicurezza non è consentito l’accesso ai pedoni su tale strada privata”, scrive. La mail continua: “Il sentiero che invece collega il B&B al mare non è nella nostra proprietà ma ai soli nostri ospiti è concesso di poter passare. Tutta l’area che circonda la spiaggia è di proprietà privata di un nostro confinante. L’accesso è sicuramente consentito via mare e dalla vicina spiaggia delle Fornacelle”.
Nuovi parcheggi a pagamento
Un capitolo a parte lo merita la questione dei nuovi parcheggi a pagamento che quest’estate i bagnanti troveranno vicino a diverse spiagge. “Quando si realizza un parcheggio si mettono delle barriere, si taglia la vegetazione e in certi casi si installa l’illuminazione artificiale. Un tempo dal mare le luci visibili erano poche, ora l’inquinamento luminoso all’Elba è molto aumentato”, denuncia la presidente di Italia Nostra dell’Arcipelago Toscano Cecilia Pacini. Con una determinazione del dirigente, a marzo 2016 il Comune di Portoferraio ha avviato la selezione di aree private “da destinare a parcheggio temporaneo a servizio delle spiagge per il periodo della stagione balneare”, dal 15 maggio al 15 settembre. Tra le 12 località individuate c’è anche Capo Bianco, dove si trova una delle spiagge più belle dell’isola, una distesa di ciottoli candidi di fronte a un mare azzurro. Qui nel 2015 la società Futura sas aveva realizzato un parcheggio ritenuto irregolare dalla stessa amministrazione comunale, che però poi aveva autorizzato l’utilizzo dell’area di sosta fino alla fine di settembre.
50 centesimi per il panorama
A Capoliveri, invece, ha fatto discutere il parcheggio realizzato dal presidente provinciale di Fratelli d’Italia Luigi Lanera nel piazzale tra le spiagge di Norsi e Acquarilli, quest’ultima da poco destinata al naturismo. “Ho acquistato la proprietà di 20 mila metri quadrati di terra a gennaio 2016 perché tengo all’isola d’Elba. Nell’area rientra anche il piazzale che fino ad ora era stato occupato dal parcheggio abusivo. Visto che aveva sempre avuto questa destinazione, nelle osservazioni al Piano regolatore si è previsto che l’area fosse adibita a quello scopo. È in grado di ospitare una trentina di auto, il prezzo è di 8 euro al giorno”, si difende Lanera. La discussione si è accesa ulteriormente quando a maggio 2016 all’imbocco dello spiazzo è apparso un cartello con scritto “Punto panoramico € 0,50 a persona”. “Il panorama per la cui visuale si intende far pagare l’obolo, anche se insiste in un parcheggio privato, non è il panorama di tutti, quindi anche nostro?”, si era chiesta Legambiente pensando a “cosa succederebbe se altri privati e amministrazioni pubbliche ‘proprietari’ di altri suggestivi panorami dell’Elba seguissero l’esempio del parcheggio di Capo Norsi”. Lanera parla di “attacco politico“, di un”abbaglio preso senza capire che l’operazione era stata studiata per richiamare attenzione”. Oggi, spiega il presidente provinciale di Fratelli d’Italia, tutto è cambiato ancora: “Adesso il costo per fare foto al panorama dal parcheggio è di 1,50 euro per 30 minuti di sosta per ogni auto. Chi entra a piedi e chiede il permesso non paga”. Gli domandiamo il perché di questo aumento: “Per la pulizia e la messa in sicurezza del parcheggio ho speso 10mila euro, i soldi servono per rientrare dall’investimento. Quel cartello era stato messo quando ancora non eravamo aperti, quando poi abbiamo visto il clamore che ha suscitato, ce la siamo giocata a nostro favore”.