Milano città virtuosa, almeno per quanto riguarda la gestione dei rifiuti. Il capoluogo lombardo si contende con Vienna la palma della metropoli con la percentuale più elevata di raccolta differenziata a livello mondiale (52,7%). Al di là del dato, di per sé importante, a fare di Milano un “modello” è soprattutto la gestione pragmatica ed efficiente della “monnezza” che da quasi vent’anni ha azzerato il ricorso alla discarica per il rifiuto primario e – grazie alla forte crescita della raccolta differenziata – ha visto ridursi in termini relativi e anche assoluti la quantità di rifiuti da smaltire attraverso l’inceneritore cittadino (Silla 2, nei pressi del quartiere Gallaratese): il calore prodotto permette di riscaldare il polo fieristico di Rho-Pero e circa 20mila famiglie, mentre la sua produzione elettrica soddisfa il fabbisogno annuo di 130mila utenze. Si inizia così a capire perché i rifiuti valgono oro: c’è il valore del riciclo e del recupero dei materiali e c’è il valore che viene estratto sotto forma di energia da ciò che riciclabile e recuperabile non è. In una filiera così efficiente vale allora la pena chiedersi quanto “oro” viene prodotto e come questo valore si distribuisce lungo tutta la filiera.
A Milano la raccolta e la gestione dei rifiuti urbani è affidata all’ex municipalizzata Amsa, ora controllata al 100% dal gruppo A2a. I cittadini milanesi e le imprese che risiedono nel capoluogo lombardo pagano per il servizio di gestione e raccolta dei rifiuti la cosiddetta Tari (Tassa Rifiuti) che include però anche altri servizi forniti dall’Amsa, quali ad esempio la pulizia delle strade. Nel 2015 il gettito complessivo della Tari a Milano si è attestato a 309 milioni di euro (dato definitivo confermato dal Comune di Milano). Che proporzione c’è tra il gettito della tassa comunale e il costo del servizio svolto da Amsa? Stando ai bilanci ufficiali, nel 2015 l’ex azienda municipalizzata ha percepito dal Comune di Milano per i cosiddetti “servizi istituzionali” (quelli cioè regolati dal contratto di servizio) 274,5 milioni di euro. E qui si inizia a capire dove l’oro viene estratto e quali direzioni prende: la differenza tra quanto incassato dal Comune con la Tari e quanto effettivamente pagato all’Amsa per i servizi è di 34,5 milioni di euro, il 12,5% in più che si mette in tasca il Comune.
Questa cifra è però ancora complessiva: per capire meglio proviamo a raccordare la quantità di rifiuti effettivamente prodotti dalla città con il costo del loro smaltimento. Nel 2015 Milano ha prodotto 668.158 tonnellate di rifiuti e Amsa per la sola raccolta e gestione di questi rifiuti ha percepito dal Comune 118,9 milioni, vale a dire 177,9 euro a tonnellata. Se sia tanto o se sia poco non siamo ancora in grado di dirlo, quello che possiamo dire con certezza però è che attraverso la Tari i cittadini e le imprese hanno pagato quello stesso servizio 200,25 euro a tonnellata, il 12,5% in più appunto. La differenza (22,30 euro a tonnellata per un totale di 14,9 milioni di euro per i soli rifiuti) è rimasta nelle casse del Comune.
Si può certamente dire che in questi anni i Comuni italiani hanno visto calare in modo molto consistente i trasferimenti dallo Stato e hanno dovuto utilizzare sempre più la leva fiscale per far quadrare i bilanci. Milano non fa eccezione: guardando agli indicatori economici elaborati dal Comune in sede di rendiconto 2015, risulta che la pressione tributaria pro-capite è cresciuta a 1.015,45 euro rispetto ai 973,59 del 2014 (+4,3%), e più in generale nell’ultimo quinquennio ha registrato un incremento del 33,5% (ammontava a 759,42 euro pro capite nel 2011). Al contempo, però, il bilancio è in avanzo e la tassa sui rifiuti, la Tari, dovrebbe servire a pagare il servizio di raccolta e di pulizia della città e non altro.
Comunque sia, Amsa ha percepito 118,9 milioni per il servizio di raccolta e smaltimento nel 2015, introito che oltre a coprire i costi effettivi del servizio, dovrebbe essere inclusivo di un giusto profitto: non è pensabile, infatti, che l’azienda lavori in perdita. E infatti Amsa ha chiuso l’esercizio 2015 con un risultato operativo in crescita del 16% a 44,8 milioni di euro, un utile netto di 29,1 milioni (+41,2%) e relativamente all’esercizio 2014, nel corso dell’anno ha distribuito ad A2a 19,6 milioni sotto forma di dividendo. Anche i ricavi sono cresciuti, passando da 319,8 milioni a 340,88 (+6,5%).
A parte i 274,5 milioni pagati dal Comune di Milano per i cosiddetti “servizi istituzionali”, da dove arrivano gli altri ricavi di Amsa? Poco più di 20 milioni arrivano dai servizi di raccolta e gestione di rifiuti dei Comuni dell’hinterland milanese e quindi non c’entrano con i rifiuti di Milano. Poco meno di 8 milioni derivano da non meglio specificati servizi di smaltimento, 16,8 milioni sono classificati come “altri ricavi”, mentre 16,2 milioni sono il frutto della cessione della raccolta differenziata ai consorzi per il recupero. Quest’ultimo dato di bilancio deriva direttamente dalle 352.291 tonnellate di rifiuti differenziati prodotti dalla Città di Milano, cui va detratta la frazione umida (134.636 tonnellate nel 2015). Dunque su un totale di 217mila tonnellate tra plastica, vetro, metallo, carta e cartone la resa media della cessione ai consorzi si attesta a 74,43 euro a tonnellata e questo è “oro” che estrae e incamera Amsa oltre a quanto già percepito dal Comune per la raccolta e la gestione dei rifiuti milanesi.
Ma non è finita qui: restano ancora la frazione umida (l’organico) e la frazione residua (i rifiuti indifferenziati). Amsa e il gruppo cui appartiene (A2A) non posseggono un impianto di compostaggio e i rifiuti organici di Milano vengono dunque trasportati e smaltiti in un impianto privato a Montello, in provincia di Bergamo. Nel 2015 l’operazione è costata circa 13,9 milioni, vale a dire 103,2 euro a tonnellata che sono andate alla Montello spa. Nel caso dei rifiuti indifferenziati, invece, lo smaltimento avviene presso l’inceneritore di Silla 2, un tempo di proprietà Amsa e dal 2013 in capo alla sua controllante, A2A Ambiente. Nonostante dall’incenerimento dei rifiuti A2A Ambiente ricavi energia e calore che vengono poi rivenduti con degli ottimi margini, il rifiuto indifferenziato non viene considerato una “materia prima seconda” per la produzione di energia e per smaltirlo Amsa ha corrisposto alla sua controllante 32,5 milioni di euro nel 2015, vale a dire 102,8 euro a tonnellata.
Le 315mila tonnellate di rifiuti indifferenziati prodotte da Milano contribuiscono dunque in due modi ai ricavi di A2A Ambiente: da un lato producono un introito per il loro smaltimento quantificato appunto in 32,5 milioni di euro, dall’altro vengono trasformate in elettricità e calore e come tali cedute ad altre società del gruppo (A2A Trading e A2A Calore e Servizi) per la commercializzazione. Non solo: Silla 2 per operare a pieno regime e quindi in piena efficienza deve bruciare quasi 500mila tonnellate di rifiuti e pertanto la raccolta indifferenziata milanese rappresenta solo il 63% di ciò che viene effettivamente bruciato dall’impianto che nel 2015 ha venduto 286 GWh di energia elettrica ad A2A Trading e 289 GWh di energia termica a A2A Calore e Servizi. Un mare di soldi, anche se nel 2015 le tariffe dell’energia sono un po’ calate (-8,1€/MWh rispetto al 2014) e il fermo turbina di Silla2 per la manutenzione programmata ha portato a una riduzione dei ricavi di A2A Ambiente nell’ordine di 4,2 milioni di euro.
In totale nel 2015 A2A Ambiente ha ricavato 119,3 milioni dalla vendita di energia prodotta dai suoi inceneritori (oltre a Silla2, vi sono l’impianto di Brescia, quelli più piccoli di Bergamo e di Corteolona e quello in gestione di Acerra). La componente principale dei ricavi è lo smaltimento dei rifiuti (ossia la tariffa che viene pagata per conferirli all’inceneritore) che nel 2015 ha reso 154,4 milioni. Anche A2A Ambiente è in utile (83,2 milioni il risultato netto relativo al 2015) e distribuisce un congruo dividendo alla capogruppo A2A: 105,1 milioni. Una parte di questi dividendi ritornano poi al Comune di Milano che di A2A è azionista assieme al Comune di Brescia, ma di fronte agli utili e alle cifre del business dei rifiuti milanesi viene da chiedersi se sia giusto che i milanesi paghino una Tari così elevata. Milano sarà anche un modello di efficienza per quanto riguarda la gestione dei rifiuti, ma sotto il profilo fiscale sembra esserlo molto meno.