Due cose hanno cambiato, irrimediabilmente, il nostro modo di approcciarci al cibo: il protagonismo nei media dei ristoranti stellati e il successo di Masterchef. Sono due cose che ci hanno trasformato nel profondo, più dell’avvento della rete, più del proliferare dei siti porno, più di Pokémon Go. Ora, ogni cambiamento, si sa, porta con sé dei lati positivi e dei lati negativi. Moltissimi lati positivi e negativi che, per ragioni di tempo e spazio, non possiamo in questo caso prendere in esame per filo e per segno. Ci concentriamo quindi su uno in particolare, a voi giudicare se la sua connotazione sia positiva o meno.
L’impiattamento. L’arte di sistemare il cibo nel piatto non era mai stata così importante, così tenuta in considerazione. Persino il più negato in cucina, quello che dopo una giornata di lavoro passa in fretta e furia al supermercato suscitando l’odio della cassiera che lo vede entrare di soppiatto alle 2o:59 spaccate, un minuto prima dell’orario di chiusura, persino lui che porta a casa un etto e mezzo di mortadella e qualche sottolio, se disgraziatamente ha gente a cena non si azzarda a mettere tutto in un vassoio alla bell’e meglio, come si faceva una volta. Persino lui, che non ha mai acceso i fornelli in casa sua, prende un piatto grande, lo pulisce in modo impeccabile, prova a sistemarci una fetta di mortadella a mo’ di rosa. Non ci riesce, la mangia, riprova, nada, la mangia, si irrigidisce a ripiega su una “vela di mortazza” coi sottolio a fare da boe. Serve poi in tavola il piatto piuttosto orgoglioso e nella sua testa si fa strada l’idea che se si applicasse potrebbe andare a Masterchef, magari vincere, chissà.