Obesi sì, “ma non mostruosi”. Con una lettera inviata al ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, un gruppo di cittadini, riuniti nel Comitato Difesa Diritti persone obese, si ribella alla dicitura “obesità mostruosa” che appare nelle diagnosi mediche di chi supera i 180 chili. “Ci sentiamo offesi e mortificati anzi direi che è un’offesa gravissima”, spiega Tommaso Prima, il responsabile del Comitato, che ha lanciato l’iniziativa su Facebook. L’uomo, 47enne di Trepuzzi nel Salento, 200 chili di peso, è impegnato da tempo in battaglie in difesa dei diritti delle persone affette da questa patologia ma anche nel sociale, in difesa di persone in difficoltà economica e senza casa.
“Mi sono giunte segnalazioni – ha raccontato Prima – da tutta Italia. ‘Obesità mostruosa’ è un termine scientifico utilizzato da tutte le Asl italiane e noi chiediamo al ministro che venga cambiato questo termine”. Alla Lorenzin si chiede di intervenire con una circolare presso tutte le Asl italiane per porre fine a questo “inconveniente”. “Gentile ministro – si legge nella lettera – chiediamo che nelle diagnosi delle commissioni mediche che accertano l’invalidità non sia mai più inserita, per le persone che pesano oltre i 180 chili, la parola ‘affetto da obesità mostruosa”. “Insomma – aggiunge Prima – capiamo che è un termine scientifico e che i medici che ci sottopongono alle visite mediche non ci vogliono offendere ma è una parola che può essere cambiata”.
“Ci sono persone che mi hanno raccontato che i loro figli si sono messi a piangere quando hanno letto questa diagnosi – racconta ancora – . La dicitura ‘obesità mostruosa’ viene utilizzata per indicare il superamento di alcuni parametri dell’indice di massa corporea ma crediamo, ripeto, che possa essere modificata: si può scrivere, ad esempio, ‘obesità grave’. Per noi che soffriamo gravi problemi di salute per questa patologia, credetemi, è una umiliazione”.
Tommaso Prima vive a Trepuzzi, in provincia di Lecce con suo padre, quasi centenario: “Mio padre – racconta – sta meglio di me e sicuramente quello che non manca né a lui né a me è la forza. La forza di andare avanti, malgrado mille problemi di salute e altro ancora”. Nell’aprile 2015 è stato protagonista di un incidente domestico dovuto all’inadeguatezza del letto ortopedico fornitogli dalla Asl. La struttura ha ceduto mentre si rigirava nel sonno e solo grazie all’intervento dell’anziano padre, che ha chiesto l’aiuto di sei persone, è riuscito a liberarsi dai grovigli di ferri. Per diversi giorni ha poi dovuto dormire su una sedia a rotelle perché era difficile ottenere la sostituzione del letto come ausilio protesico. Nel 2014 lo stesso Prima aveva scritto al Presidente Napolitano denunciando l’impossibilità di fare una tac o una risonanza magnetica presso la Asl leccese, perché i macchinari presenti supportano pazienti fino a 130-150 chilogrammi. In suo soccorso intervenne una società privata.