“Identificare i geni che influenzano il rischio di una malattia è un primo passo verso la sua comprensione”. Roy Perlis del Massachusetts General Hospital, è il coordinatore di un gruppo di ricerca che ha identificato 15 regioni di Dna associate con la depressione. I ricercatori, tra cui Ashley Winslow dell’università americana della Pennsylvania e David Hinds, della società specializzata in test genetici 23andMe, hanno svelato che molte di esse sono vicine ai geni coinvolti nello sviluppo del cervello. Pubblicata sulla rivista Nature Genetics, la scoperta potrebbe aiutare a sviluppare nuove terapie.
La novità della ricerca consiste anche nell’aver coinvolto, invece che dei non volontari, persone che avevano fatto test genetici. Complessivamente sono stati analizzati i dati di 338.000 persone di origine europea presenti nella banca dati della società americana 23andMe, oltre 75.000 dei quali con problemi di depressione. Secondo Perlis soperte di questo tipo ”offrono nuovi obiettivi su cui puntare per lo sviluppo di nuovi trattamenti”. Le attuali terapie, ha aggiunto, puntano a colpire neurotrasmettitori scoperti oltre 40 anni fa e “abbiamo davvero bisogno di nuovi trattamenti. Speriamo che la scoperta di questi geni ci offra nuove strategie di cura”.
Nonostante sia noto che la familiarità è un elemento importante nella depressione, per la maggior parte gli studi genetici precedenti non sono stati in grado di identificare le varianti genetiche responsabili della malattia. Finora l’attenzione si era concentrata su due regioni del Dna che contribuiscono al rischio nelle donne cinesi, ma le varianti sono rare nelle altre popolazioni. Secondo i ricercatori le diverse forme in cui compare la depressione, dai disturbi dell’umore a quelli del sonno e dell’appetito, implica che la malattia sia dovuta all’attività di molti geni, che singolarmente hanno effetti così deboli da essere difficilmente individuabili se non si coinvolgono numerosi volontari.