“Non è dato apprezzare, dunque, nello scritto censurato, alcuna violazione del requisito della verità della notizia”. È uno dei passaggi della sentenza, firmata dalla giudice Cristiana Ciavattone che ha bocciato la richiesta del magistrato Donato Ceglie, già sostituto procuratore presso la Procura di Santa Maria Capua Vetere, e ha riconosciuto la correttezza professionale di Nello Trocchia, giornalista e collaboratore del Fatto Quotidiano e di Tommaso Sodano, già senatore e vicesindaco nella prima giunta de Magistris, autori del libro La Peste.
Ceglie aveva chiesto, in sede civile, 250mila euro come risarcimento per la presunta offesa alla sua reputazione contenuta nel libro La Peste, pubblicato da Rizzoli nel 2010. Nel libro Trocchia e Sodano avevano riportato i rapporti di Ceglie, per anni icona di Libera e Legambiente, con Michele Orsi, imprenditore legato al clan dei Casalesi, poi ucciso in un agguato, e l’interessamento nell’assunzione al commissariato per l’emergenza rifiuti di Claudio De Biasio. Fatti che Ceglie aveva ritenuto lesivi della sua onorabilità.
Per la giudice Cristiana Ciavattone gli autori hanno fatto solo il loro dovere: “I giornalisti hanno riportato correttamente le emergenze del procedimento giudiziario (poi archiviato, ndr) e del suo esito e formulato una critica alla condotta del magistrato (“Ma il dubbio è pur sempre lecito: come si spiega questa vicinanza a certi personaggi?”) che non rappresenta il frutto di gratuite illazioni, bensì il commento di circostanze debitamente riscontrate”. E più avanti: “L’interrogativo dei giornalisti può ritenersi giustificato proprio dalla funzione istituzionale ricoperta dal Ceglie e dalla conoscenza degli ambienti criminali che ne derivava e l’espressione ‘Rapporti disinvolti e censurabili, dunque, soprattutto se messi in atto da un magistrato” mirava a stigmatizzare la condotta tenuta dal Ceglie in spregio di quelle regole di riservatezza e distacco che dovrebbero contraddistinguere l’operato di un magistrato”.
Dopo l’uscita del libro e l’avvio del procedimento in sede civile a carico di Trocchia e Sodano, Ceglie è finito sotto processo per altre vicende, per lui il pm ha chiesto 6 anni di carcere. Non solo Ceglie è stato coinvolto in un’altra indagine, svelata lo scorso novembre dal fattoquotidiano.it che ha portato il Csm ad assumere la decisione di sospendere il magistrato da ruolo e funzioni. Indagine quest’ultima che ha confermato quanto era stato scritto nel libro La Peste nel lontano 2010. Tornando alla sentenza della giudice Ciavattone della prima sezione civile del Tribunale di Roma, la domanda di Ceglie è stata rigettata e lo stesso Ceglie è stato condannato a rimborsare le spese di lite pari a 7500 euro. “Dovevamo alla nostra terra un seme di verità – spiegano Trocchia e Sodano – anche se era difficile in quel tempo evidenziare una criticità nel percorso di un magistrato ritenuto eroe, ma era nostro obbligo informare la pubblica opinione. La prima bonifica da fare è quella della verità”.