Le bordate di Vivendi da una parte, i silenzi cinesi dall’altra. Così l’estate di Fininvest diventa rovente. La holding della famiglia Berlusconi, che controlla Mediaset e il Milan, si ritrova a giocare una doppia partita in un’uscita che dovrebbe essere già finita. Dovrebbe, appunto. Perché quella del ramo pay-tv di Mediaset si è complicata a dismisura e la cessione del club rossonero continua a slittare di settimana in settimana, bloccando il mercato con ovvie ripercussioni sulla prossima stagione e alimentando i dubbi sulla consistenza degli acquirenti cinesi. Uno stallo inatteso e inaspettato su entrambi i fronti, quando le operazioni avrebbero dovuto essere perfezionate tra la fine di giugno e i primi di luglio. Il passaggio di mano di Premium, che pure riguarda la controllante Mediaset e sarebbe stata la contropartita per uno scambio azionario con Vivendi, valorizzava la pay tv di Cologno 800 milioni, la cessione del Milan avrebbe invece portato direttamente nelle casse di Fininvest 700 milioni tra cessione delle quote e saldo dei debiti. Non poco se si pensa che la cassaforte della famiglia Berlusconi ha chiuso il 2015 con un sostanziale pareggio a livello di gruppo e un indebitamento di quasi 800 milioni di euro. Senza contare il beneficio indiretto ottenibile grazie al risparmio che Mediaset avrebbe registrato sui costi gestionali di Premium, oltre al mercato e alla prossima stagione del Milan, che senza l’intervento dei cinesi rischia di trasformarsi in un percorso a ostacoli, viste le operazioni secondarie in entrata concluse finora e la necessità di rinforzare la squadra con spese che la holding non ha intenzione di finanziare. Uno stallo da brividi, lontano da una risoluzione.
Appare particolarmente lontana quella relativa a Premium. Le parole di Arnaud de Puyfontaine al Financial Times (“Se mi dici che mi stai vendendo una Ferrari e poi viene fuori che è una Punto, c’è un problema) sono apparse come una pietra tombale sul rapporto tra i francesi e Fininvest, forte dell’accordo vincolante firmato ad aprile. Vivendi ha detto chiaramente di non voler rispettare i termini dell’intesa in base alla quale il gruppo di Vincent Bollorè sarebbe diventato socio dell’azienda della famiglia Berlusconi con il 3.5% e avrebbe acquisito il 100 per cento di Premium in cambio del 3,5% di Vivendi. Alla base della marcia indietro, l’irrealistico – così l’ha definito de Puyfontaine – business plan di Premium per il 2017 e 2018. Anni in cui, secondo le previsioni di Mediaset, l’operazione da 606 milioni per l’acquisizione dei diritti tv della Champions League avrebbe dovuto portare i frutti sperati dopo un avvio alquanto difficoltoso con un utile arretrato dell’83% e ricavi cresciuti di appena 20 milioni in più nel primo anno di trasmissione, anche a causa dell’assenza di Inter e Milan dalla Champions.
Il flop sportivo delle milanesi è tutto fuorché secondario negli scenari negativi della pay-tv perché si tratta delle due squadre – assieme alla Juventus – con il bacino di tifosi più grandi dal quale attingere i clienti. Il tentativo di rilancio – fallito – del club nella scorsa estate era finalizzato anche alla qualificazione in Champions perché avrebbe giovato al Milan stesso in termini di introiti da sponsor, biglietteria e diritti tv oltre che a Premium. Alla fine la squadra è andata malissimo – nonostante la holding abbia pompato circa 70 milioni per il calciomercato – e il bilancio si è chiuso con un rosso da 89,3 milioni. Fininvest ha detto chiaramente di voler chiudere i rubinetti e la lunga ricerca di un nuovo socio che acquisti il 100% delle quote sembrava arrivata al capolinea dopo la tragicomica trattativa con Mr Bee. Invece anche il consorzio cinese, rappresentato dagli advisor Sal Galatioto e Nicholas Gancikoff e nel quale ci sarebbero Sonny Wu e Steven Zheng, secondo quanto rivelato da Bloomberg, continua a tentennare. Tanto che nelle ultime settimane è cresciuto lo scetticismo assieme alle ansie dei tifosi, che vedono allungarsi la fase di passaggio nei mesi caldi per l’allestimento della squadra.
Nell scorse ore, secondo il sito cinese dongqiudi.com, la trattativa sarebbe definitivamente saltata. Una notizia smentita da Fininvest e da Galatioto, che hanno subito lasciato filtrare la data del prossimo incontro tra le parti, previsto per il 16 agosto a Milano. Una data comunque non decisiva, mentre i ritardi e gli slittamenti vengono giustificati con le motivazioni più svariate. Dal cambio della percentuale di azioni da passare di mano (prima l’80 per cento, ora la totalità) alla necessità di scrivere i contratti in tre lingue. Fatto che sta dopo Ferragosto mancheranno due settimane alla fine del mercato, al momento bloccato ufficialmente perché necessario l’ok di entrambe le parti per l’acquisto dei giocatori. “Keep the faith”, abbiate fede, pare abbia scritto Galatioto a chi lo ha contattato dopo la notizia apparsa sul portale dongqiudi.com. I tifosi, che ne hanno avuta già molta negli ultimi due anni, si augurano di non ritrovarsi come de Puyfontaine davanti a Premium: con dei cinesi su una Punto e non a bordo di una Ferrari. Anche perché non potrebbero far causa a nessuno, a differenza di Mediaset che, certa delle proprie ragioni, è pronta a fare azioni legali per cifre stimate in 1,5 miliardi a Vivendi.