Tre associazioni nella lista stilata dal ministero, la cui posizione è confermata da Alfano in visita a Potenza. M5s: "Vicenda gravissima, così si criminalizza il dissenso e si intimoriscono le associazioni e i cittadini che non accettano le scelte contro il loro territorio"
Le associazioni ambientaliste della Basilicata finiscono nella ‘lista nera’ di Angelino Alfano, ossia la relazione annuale del Viminale sullo stato della sicurezza pubblica e sulla criminalità organizzata per l’anno 2014. Dopo qualche settimana dalla presentazione, poi, nella sua visita a Potenza il ministro non fa affatto dietrofront, ma rincara la dose, collegando i sodalizi citati nel rapporto a questioni di ordine pubblico. Il tutto non in una regione qualsiasi, ma quella in cui sono in corso varie inchieste (anche della Procura antimafia di Potenza) che cercano di far luce su condotte e anomalie spesso denunciate proprio da queste associazioni. La Basilicata è la regione considerata il Texas dell’Italia, dove è nata anche l’indagine che ha portato a vari arresti e coinvolto esponenti del Pd lucano e il governo Renzi, provocando le dimissioni dell’ex ministro dello Sviluppo Federica Guidi. Lo sa bene Angelino Alfano, che a Potenza ha dichiarato: “Non parliamo certo di fenomeni pacifici di protesta, ma dell’ordine pubblico, che è quello tracciato e monitorato nella relazione”. Un testo che aveva già suscitato le preoccupazioni dei consiglieri regionali del Movimento 5 Stelle, Gianni Leggieri e Gianni Perrino. Questa volta, dopo le dichiarazioni di Alfano, a intervenire è Piernicola Pedicini, eurodeputato M5s: “È incredibile che delle libere associazioni vengano trattate alla pari di fenomeni malavitosi che nulla hanno a che vedere con la partecipazione dei cittadini – spiega Pedicini a ilfattoquotidiano.it – e la possibilità di protestare ed esprimere il proprio pensiero così come sancito dalla Costituzione italiana”.
LA RELAZIONE SOTTO ACCUSA – A pagina 931 del testo si approfondisce la questione dell’ordine pubblico, facendo riferimento a particolari situazioni di tensione. Per intenderci: dalle vertenze occupazionali fino alle manifestazioni ambientaliste. “È stata attenzionata – si legge nella relazione – la campagna contro le trivellazioni in Basilicata, da tempo al centro dell’impegno di sodalizi d’area ecologista, più volte scesi in piazza con manifestazioni di protesta e iniziative volte a stigmatizzare i conseguenti danni alle falde acquifere e alla salute pubblica”. Tra le associazioni che hanno mostrato maggiore dinamismo si citano ‘NoscorieTrisaia’, ‘Scanziamo le scorie’ e ‘Ola -Organizzazione Lucana Ambientalista’, quest’ultima “particolarmente attiva – si scrive – nel contrastare l’asserito tentativo da parte di Total di estendere il perimetro delle concessioni estrattive anche ad aree del materano”. Il testo spiega, poi, come la mobilitazione abbia trovato nuovo impulso “a seguito delle misure governative emanate nel decreto Sblocca Italia” in tema di ricerca gestione e stoccaggio di idrocarburi “ritenute oltremodo penalizzanti per il territorio e, pertanto, osteggiate anche attraverso la pressante richiesta rivolta alle Istituzioni locali di impugnare davanti alla Corte Costituzionale gli articoli 35, 36, 37 e 38 del provvedimento normativo”.
LE REAZIONI – Il testo ha scatenato una scia di polemiche. ‘Noscorie Trisaia’ ha chiesto un incontro con Alfano e con i presidenti di Senato e Camera. A far arrabbiare le associazioni è stato anche il riferimento a “minacce chiaramente ricollegabili alla vertenza” ricevute dal presidente della Regione Basilicata Marcello Pittella il 27 novembre del 2014, sollecitato a intervenire dalle associazioni con “una campagna di sensibilizzazione sul web” tesa a ribadire l’incostituzionalità dello Sblocca Italia. ‘Scanziamo le scorie’ ha scritto al ministro: “Noi siamo quelli della marcia dei centomila del 23 novembre 2003 (contro il cimitero atomico di Terzo Cavone), altro che inserimento nel Rapporto sullo stato della sicurezza pubblica e sulla criminalità organizzata 2014!”. Il 20 giugno scorso, poi, dopo 10 anni di attività, ha invece annunciato la sospensione delle pubblicazioni e di ogni attività informativa la terza associazione citata nel rapporto, l’Organizzazione Lucana Ambientalista che parla di “una scelta libera, senza condizionamento alcuno”. Le ragioni, però, si possono leggere sulla homepage del sito ufficiale: “Assistiamo da più fronti a costante criminalizzazione e isolamento di chi ha sempre esercitato ed esercita democraticamente il diritto ad informare, nel pieno rispetto dei principi sanciti dalla Costituzione”.
ALFANO: “E’ ORDINE PUBBLICO, NON PROTESTA PACIFICA – “Rispettiamo la scelta della ‘Ola’, ma non possiamo che dolerci della grave perdita subìta dal panorama dell’informazione lucana: tanto e bene ha fatto l’organizzazione nelle sue attività di sensibilizzazione sulle tematiche ambientali della Basilicata” hanno subito detto i consiglieri M5s Leggieri e Perrino. Poi è arrivata la relazione sullo stato della sicurezza pubblica e sulla criminalità e, qualche giorno fa, la visita istituzionale del ministro nel capoluogo lucano. Dove ha ribadito la sua posizione su quanto contenuto nel documento: “Non parliamo certo di fenomeni pacifici di protesta, che sono tutelati dall’articolo della Costituzione sulla libertà di espressione del pensiero e riconosciuti dalle leggi di pubblica sicurezza, tanto che vengono concessi spazi per le manifestazioni”. Per Alfano, però, quest’ambito è diverso da quello “dell’ordine pubblico, che è quello tracciato e monitorato nella relazione”. “Non permetteremo che le associazioni ambientaliste lucane vengano intimorite da Alfano e Renzi” ha replicato Piernicola Pedicini, secondo cui “ha dell’incredibile ed è gravissima e preoccupante la vicenda delle associazioni attenzionate dal ministero dell’Interno per la loro sacrosanta e democratica attività di denuncia e di informazione sulle estrazioni petrolifere, sulla tutela dell’ambiente e della salute pubblica in Basilicata”. Le parole del titolare del Viminale, a sentire l’eurodeputato M5s, hanno “il solo scopo di criminalizzare, discreditare e intimorire l’azione delle associazioni e dei cittadini lucani che non accettano le scelte scellerate che da anni vengono attuate in Basilicata per le estrazioni petrolifere, la gestione dei rifiuti e l’annientamento del territorio per puri calcoli economici e affaristici legati agli interessi delle lobby e della cattiva politica”.