Il governo non ha preso “alcun impegno” con le casse previdenziali su temi normativi e fiscali in cambio del loro investimento nel fondo di salvataggio bancario Atlante 2 che peraltro al momento sarebbe accantonato. A mettere le mani avanti è stato il sottosegretario all’economia Pier Paolo Baretta in audizione alla commissione di vigilanza enti previdenziali. Baretta ha rilevato come l’incontro avuto nelle scorse settimane con i vertici Adepp rientri in un sistema di rapporti “continui fra il Mef e i soggetti economici” e che le discussioni sul tema fiscale “non siano riconducibili a un singolo appuntamento”. Secondo Baretta “la posizione di Adepp su questo è nota e contenuta in una loro piattaforma di richieste. Alcuni temi, ma non quello fiscale, saranno trattati in un decreto del Mef in arrivo”. Il sottosegretario ha quindi aggiunto come il ministero sia da tempo impegnato in una strategia di coinvolgere diversi soggetti economici, fra cui le Casse, nel sostegno “degli investimenti in economia reale dove qualche delusione, pur capendo le difficoltà attuali, la abbiamo”. Anche se non si capisce ancora come l’investimento nei crediti irrecuperabili del Montepaschi possa essere definito economia reale.
In ogni caso per il sottosegretario il governo “prende atto con rammarico della eventuale rinuncia delle Casse di previdenza alla partecipazione nel fondo Atlante2” che rileverà parte delle sofferenze di Mps ma ribadisce di “non esercitare nessuna pressione, sia perché non può, sia perché non vuole operare nemmeno una moral suasion. Semplicemente ha illustrato una operazione di mercato per rafforzare il sistema Paese”. Però “ognuno si assume le sue responsabilità”, e nonostante alle Casse non sia pervenuta la manleva ministeriale per procedere all’investimento, Baretta sostiene che “l’investimento in Atlante2 sia compatibile” con la normativa attuale e le finalità degli enti e non “pregiudichi il risparmio previdenziale” ma “sia addirittura conveniente“. Se tuttavia gli enti “non lo ritengono non soddisfacente, non aderiscono e punto” ha sottolineato.
“Allo stato attuale non ci sono le condizioni per procedere all’investimento”, ha replicato il presidente dell’Adepp Oliveti, davanti alla medesima commissione bicamerale Enti gestori di forme di previdenza. “L’investimento potrebbe essere fatto solo nel rispetto delle politiche di asset allocation di ogni cassa, che rimane autonoma”, e una volta ricevute “le direttive formali da parte dei ministeri”. Tali documenti non sono giunti, pertanto “non ci sono le condizioni per procedere“. E ancora: “Mi fa piacere che il sottosegretario Pierpaolo Baretta abbia detto che l’investimento è sicuro e conveniente”. Naturalmente, “all’interno delle nostre Casse abbiamo” strumenti e tecnici per “valutare tale sicurezza”.
Getta acqua sul fuoco, poi, il ministro del Tesoro che dopo il pressing dei giorni scorsi fa sapere che il governo ritiene che “non possa e non debba esserci alcuna ingerenza” nella gestione degli investimenti delle casse previdenziali privati in Atlante 2. D’altro canto secondo Padoan un eventuale investimento dalle casse nel fondo privato sarebbe “residuale” e “non pregiudicherebbe il risparmio previdenziale”, e comunque “rientra nell’autonomia decisionale degli enti previdenziali che in autonomia potranno decidere se destinare una parte delle risorse a questo tipo di impiego”. Ricambia prontamente la cortesia Oliveti: “Confermo: non c’è stata nessuna forzatura”, ha detto dimenticando che il giorno del via libera all’iniziativa aveva annunciato la scelta sottolineando che “il governo ha fatto una richiesta”.
Intanto da Londra il Financial Times fa notare come “dopo 500 anni di elargizioni del Monte dei Paschi, Siena fronteggia un nuovo futuro”. Un reportage del quotidiano della City sottolinea come “la storica banca posta in cima alla collina, una volta vista come il bancomat, non può più sostenere le istituzioni locali”, mettendo a contrasto la luce che entra negli uffici del presidente della Fondazione Mps, Marcello Clarich, affacciati su Piazza del Campo e “l’atmosfera cupa” che si respira nella stanza. “La fondazione veniva chiamata il bancomat dai senesi”, spiega Clarich, ma “ora è tutto finito. C’è un vento che soffia a 100 Km/h sopra le nostre teste. Abbiamo un passato e speriamo di avere un futuro”, aggiunge. Più negativo ancora Angelo Riccaboni, rettore dell’Università di Siena: c’è il rischio che “molti buoni posti di lavoro vadano persi e che la fondazione non abbia più i fondi per sostenere la città. La seconda situazione si sta già verificando, dobbiamo vedere cosa succede con la prima”.