“Buongiorno, ci piacerebbe tenerla aggiornata sulle nostre nuove offerte, oggi più interessanti rispetto a quando lei era nostro cliente. Se è interessato, la invitiamo a lasciarci il suo consenso per essere ricontattato da Telecom Italia – Tim”. Sono circa 2 milioni gli ex utenti della telefonia fissa passati ad altri operatori che, nel corso del 2015, hanno ricevuto a casa questa telefonata da parte di Sentel, una società di telemarketing che, per conto dell’ex monopolista delle telecomunicazioni, ha tentato subdolamente di riconquistarli con offerte promozionali. Peccato che si tratti di un illecito gravissimo, come si legge in un provvedimento pubblicato dal Garante per la protezione dei dati personali i cui contenuti sono stati anticipati da Repubblica. Per questo l’authority ha avviato un’indagine su segnalazione di centinaia di utenti esasperati. Tim, secondo il garante, ha violato la privacy di oltre 1,9 milioni di italiani, la maggior parte dei quali non si è neanche resa conto della gravità della cosa visto che ormai le chiamate dei call center a tutte le ore sono la prassi.
L’operazione Recupero consenso per aggirare i divieti – E’ indispensabile una premessa: una volta che un contratto telefonico (e lo stesso vale per le utenze di acqua, luce e gas) viene disdetto o scade, vengono meno anche tutte le autorizzazioni rilasciate dal cliente, a partire da quelle relative al consenso al trattamento dei dati personali. In altre parole, nessuna società può più utilizzare dati e recapiti telefonici per ricontattare gli ex utenti e proporre tariffe più o meno vantaggiose. Cosa ha fatto quindi Tim per aggirare l’ostacolo? Ha ideato una campagna promozionale chiamata “Recupero consenso” affidandola alla Sentel, che ha così ricevuto un database di 1.976.266 di ex clienti (in base a stime interne circa il 50% delle numerazioni presenti nella lista sarebbe risultata inesistente) che – si legge nel provvedimento del Garante – “ha prodotto contatti utili per circa 400.000 soggetti di cui il 70% ha dato il consenso ad essere ricontattato”. Con un’operazione di telemarketing sono insomma state chiamate migliaia di persone che non avevano mai dato il consenso (molti di loro erano persino iscritti al registro delle opposizioni per non essere contattati) e che, alla fine, si sono ritrovate ad acconsentire a ricevere sms, mail, monitoraggi sui dati di traffico e nuove offerte promozionali per vendita diretta e per ricerche di mercato dall’operatore che avevano deciso di abbandonare.
Entro il 6 settembre la campagna dovrà essere interrotta – “Si tratta di una vicenda molto grave che ha minato il diritto del cliente alla consapevolezza, oltre che al rispetto della sua effettiva volontà di acquisto”, spiega Giuseppe Busia, segretario generale del Garante della Privacy a ilfattoquotidiano.it. Che aggiunge: “Ci saranno notevoli ripercussioni per Tim. Da subito è scattato il divieto di contattare ex clienti che non hanno acconsentito al trattamento dei dati personali e poi – prosegue – entro il 6 settembre (vale a dire 60 giorni dal ricevimento del provvedimento) la società di telefonia dovrà comunicare all’Autorità quali iniziative ha intrapreso per l’interruzione di questa illecita campagna di recupero clienti”.
Verso sanzioni fino a 1 milione di euro – Ma c’è di più. Detto che Tim ha fatto sapere di aver già avviato un nuovo sistema di controllo interno e un piano di azione per migliorare la qualità del telemarketing, il provvedimento non rappresenta il solito spauracchio utilizzato negli ultimi mesi nei confronti delle società telefoniche. “Il Garante – annuncia Busia – aprirà un procedimento sanzionatorio nei confronti di Tim che potrebbe arrivare a pagare fino a un milione di euro per la prassi sconsiderata che ha attuato”.
Norme troppo morbide sulle opposizioni – Ora, se questa sarà la volta buona per mettere la parola fine al martellamento via telefono da cui nessuno si salva e che da anni insidia la vita degli italiani costretti a subire un marketing selvaggio e aggressivo, è presto per dirlo. Ma intanto è un inizio e i big telefonici sono avvertiti: “Stiamo intensificando i controlli ispettivi su tutto il settore e – avverte Busia – nessuno è escluso. Intanto siamo in attesa che venga modificata la normativa del registro delle opposizioni che ancora una volta ha dimostrato che si tratta di un’arma spuntata”. Dovrebbe, infatti, difendere i cittadini dalle chiamate indesiderate ma rovescia l’onere in capo proprio al consumatore e a vantaggio delle società di telemarketing. “Tanto che – aggiunge Busia – su oltre 115 milioni di linee telefoniche attive, comprendendo anche quelle mobili, negli elenchi ci sono solo 13 milioni di linee fisse, e queste sono le uniche a potersi iscrivere al Registro”. Tra i titolari, “solo l’1% o il 2% si sono iscritti. È chiaro che in questo modo il registro non può funzionare e occorre far sì che l’iscrizione – conclude – cancelli i precedenti consensi dati per le chiamate promozionali permettendo quindi al cittadino di riprendere il controllo dei propri dati”.